Regia di Tengiz Abuladze vedi scheda film
Bellissimo film georgiano, variegato nei toni, complesso nelle tematiche, sfaccettato nella definizione dei caratteri. Prevale una commossa indignazione per le vergogne del regime comunista, il suo scellerato autoritarismo, l'arroganza e la meschinità del potere. Ma accanto alla ferocia della denuncia, c'è spazio per improvvise accensioni visionarie, all'insegna di un onirismo surreale che Abuladze spartiva con altri grandi autori del Disgelo, da Paradzanov a Tarkovskij. La propensione ad un cinema di poesia anzichè di prosa, libero di creare con l'immagine, fantasioso ed inventivo, era di per sè un atto politico: il regime sovietico infatti censurò, arrestò o costrinse all'esilio tutti gli autori che esprimevano, nei loro film, un punto di vista personale, non allineato, spesso contrario ai canoni del realismo socialista e intento a recuperare una dimensione spiritualista. Nel film, la figura dell'artista perseguitato è incarnata dal pittore Sandro, che viene deportato e le cui opere vengono sequestrate e nascoste nella cantina dell'aberrante sindaco Varlam, sintesi di tutte le sfumature del Male di cui è capace la politica. La componente religiosa, di stampo cristiano-ortodossa, pervade tutto il film, diventando dominante nella parte finale. La presenza di un Dio vendicativo diventa qui l'unica arma che i cosidetti "nemici del popolo" hanno per far sentire sulle coscienze dei tiranni tutto il peso delle loro colpe. In particolare, viene preso di mira il figlio del defunto sindaco Varlam, Avel, considerato un parassita, un ipocrita, un inetto che ha vissuto di rendita per il potere e il prestigio accumulato dal padre, senza prendere una posizione chiara, a differenza del proprio figlio adolescente, che ha invece avuto il coraggio di denunciare l'abiezione della dittatura. Lo humour nero, le punteggiature grottesche, il placido surrealismo di fondo, nonchè la calma inquietante con cui Abuladze colpisce i suoi bersagli, fanno pensare un po' a Bunuel, ma ancora di più al connazionale esule Otar Iosseliani. Splendida, feroce e densa di significati la sequenza della lisca di pesce. Infine, occhio all'ultima scena, che rende ancora più amaro e doloroso il messaggio di fondo.
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