Regia di Pernille Fischer Christensen vedi scheda film
Squadra che vince non si cambia: se il debutto in lungometraggio della Fischer Christensen (A soap, due anni prima) era sembrato per alcuni versi piuttosto convincente, ecco che per l'opera seconda la regista danese insiste nell'affidarsi al medesimo co-sceneggiatore, Kim Fupz Aakeson, e alla stessa protagonista, Trine Dyrholm. E la storia si snoda bene o male in maniera analoga: un tira e molla psicologico e fisico fra due protagonisti-poli che si attraggono e si respingono, uno più controverso e irrisolto (qui è ovviamente l'elettricista dal passato torbido, interpretato da Anders W. Berthelsen) e uno meno caratterizzato (ed è in realtà la protagonista centrale, il che rappresenta un po' un limite per Dansen: di lei sappiamo poco o nulla, mentre la narrazione si focalizza sul partner). In quasi cento minuti di film non compare praticamente nessun altro, se non brevemente e senza irrompere nel nodo centrale della storia; anche in questa caratteristica si ritrovano i dubbi che colpivano A soap, mentre rispetto all'esordio si può qui notare un più ampio ricorso ad ambienti e scene, testimonianza probabilmente anche di un aumentato budget a disposizione. Chi ne esce meglio, in definitiva, è la Dyrholm, della quale un espressivo, combattuto primo piano fondamentalmente chiude il film (segue una scena di ballo su cui scorrono i titoli di coda). 5/10.
Un'insegnante di ballo per ragazzini si innamora di un elettricista timido e burbero. Riesce a farlo aprire, ma l'uomo le racconta - e solo parzialmente - di un angosciante passato fatto di incoscienza, violenza e prigione. La donna deve decidere se insistere con lui o mollare, mentre il saggio di fine anno dei suoi allievi si avvicina.
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