Regia di Mira Nair vedi scheda film
C’è qualcosa di immediatamente stonato nell’approccio di Mira Nair al romanzo di Mohsin Hamid, un’opera il cui protagonista (come l’autore) condivide con la regista l’esperienza dello sradicamento dal paese d’origine e dell’affermazione professionale negli Usa. Lo scontro tra culture qui è visto da una prospettiva inusuale: Changez è un fiero sostenitore dei valori statunitensi, un rampante squalo della finanza, rappresentante del sogno americano che si interroga sull’assenza di qualcosa da chiamare “sogno pakistano”, almeno finché l’11 settembre 2001 e l’onda lunga del pregiudizio si allungano sulla sua persona, pure perfettamente integrata nel tessuto economico e culturale degli States. In un film che esplora le crepe del compatto modello americano, stride subito la scelta di incorniciare i lunghi flashback in un contesto thriller (il dialogo caricato di suspense fra il Changez maturo, divenuto docente e forse sostenitore dei terroristi, e un giornalista statunitense) di stampo prettamente hollywoodiano, dove le affollate strade di Lahore fungono da scenario ostile come la Teheran di Argo. Il personaggio di Changez (complice il bravo Riz Ahmed: i suoi duetti con Kiefer Sutherland sono la cosa migliore del film) è il cuore, battente e coinvolgente, dell’operazione, ma la messa in scena lo sacrifica prediligendo lo spettacolo all’introspezione e smorza l’efficacia (anche nella durata, tirata oltre le due ore) di un film che offre più di uno spunto di riflessione.
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