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Il fondamentalista riluttante

Regia di Mira Nair vedi scheda film

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Questo testo contiene anticipazioni sulla trama.

La recensione su Il fondamentalista riluttante

di miss brown
8 stelle

Coloro che hanno gestito negli ultimi 100 anni la politica estera degli Stati Uniti d'America, che fossero al potere repubblicani o democratici, hanno sempre dimostrato un'incredibile capacità, una ripetuta e testarda abitudine ad investire sull'alleato sbagliato. Butto lì alla rinfusa: il loro affidarsi a Lucky Luciano e alla mafia per procedere in sicurezza allo sbarco in Sicilia è costato un prezzo carissimo a noi italiani, che abbiamo pagato e stiamo ancora pagando con la vita di centinaia di innocenti e di servitori dello Stato. La volontà di assecondare gli interessi di coloro che possedevano, appena fuori dal sacro suolo della Patria, un florido bordello praticamente nel cortile di casa, li ha fatti scegliere la parte di Batista a Cuba, gettando in braccio alla Russia il cattolicissimo Fidel Castro, trascinando definitivamente il mondo intero nella cosiddetta Guerra Fredda, finita 30 anni dopo solo per l'implosione dell'Impero Sovietico. Hanno appoggiato Salazar in Portogallo, Franco in Spagna, i Colonnelli in Grecia; hanno perso migliaia di soldati e infine la guerra in Vietnam; hanno sostenuto economicamente e praticamente colpi di stato dei più corrotti dittatori contro regimi democraticamente eletti in decine di Stati di Asia, Africa e America Latina: tutto per l'isterico terrore di un'avanzata del Comunismo. Svanito il nemico storico con la caduta del Muro di Berlino, servizi segreti, militari e mercanti d'armi, rischiando la disoccupazione, si sono visti costretti a cercarsi un nemico nuovo: e hanno trovato i musulmani. Non i signori del petrolio, certo, quelli sono musulmani buoni, occidentali onorari: parliamo di una massa di oltre un miliardo di diseredati, molti dei quali sono spremuti per pochi soldi in migliaia di fabbriche di proprietà di multinazionali quotate a Wall Street. Sono tanti e fanno paura: il modo migliore per “addomesticarli” è sventolargli sotto il naso il “sogno americano”, scegliere i migliori e “inglobarli”.

Il brillante 18enne Changez Kahn appartiene ad una famiglia borghese di Lahore, una volta potente, nel 1997 appena benestante. Riceve una borsa di studio per Princeton, facoltà di economia, si laurea summa cum laude e viene immediatamente assunto da un importante studio internazionale di consulenti economici, praticamente quegli squali tagliatori di teste che analizzano, accorpano, smembrano e ristrutturano aziende, sacrificandone regolarmente i dipendenti. Ma a Changez non importa, sta vivendo il suo american dream, ha una casa magnifica, una fidanzata nipote del capo (l'artistoide Erica, una cretinetta piena di sensi di colpa per un precedente fidanzato morto), una carriera sicura. Mentre è a Manila per curare l'ennesima ristrutturazione aziendale con sacrificio del 25% del personale, l'attentato dell'11 settembre gli sconvolge la vita e molte certezze. Amici e colleghi cominciano a diffidare di lui solo perché si è fatto crescere la barba, sconosciuti lo insultano per strada, viene ripetutamente arrestato, perquisito e lungamente interrogato. Tante volte gli viene chiesto: che cosa ne pensi dell'America? e la sua risposta, prima entusiastica e sicura, comincia lentamente ad essere esitante. A Istanbul, incaricato di liquidare un'antica e rispettata casa editrice perché non rende più, scopre fra i suoi libri un'antologia di autori pakistani: fra di essi suo padre, rinomato poeta e intellettuale. Questa è la goccia che fa traboccare il vaso: si dimette, sbatte la porta in faccia a sogni e carriera e torna in Pakistan, diventando un amato e stimato insegnante all'università. Tutto questo è narrato in flashback nel 2011, nella caffetteria della Casa dello Studente di Lahore, da Changez a Bobby Lincoln, giornalista e occasionale collaboratore della Cia, che con la scusa di un'intervista cerca di avere informazioni sulla sorte di un americano rapito. Changez davvero non ne sa nulla, ma la Cia non ci crede; nel finale si arriva alla tragedia.

Questo film è tratto dal pakistano Mohsin Hamid dal suo omonimo romanzo di successo mondiale, scritto nel 2007 in forma di unico monologo. In entrambi c'è una scena nodale, il momento in cui Changez cita la sorte dei Giannizzeri: per secoli bambini europei cristiani furono catturati dagli Ottomani e affidati a buone famiglie turche che li allevavano con amore, per essere mandati da adulti come truppe scelte contro le loro famiglie di origine. Ad un certo punto anche lui si è sentito così, inconsapevole membro di truppe d'assalto di una guerra culturale ed economica mondiale; per questa ragione è tornato a casa. E anche perché, pur amando profondamente l'America, non poteva più tollerarne la deriva antidemocratica, il patriottismo trasformato in diffidenza e discriminazione, la superficialità, figlia dell'ignoranza, con cui il governo si ostinava a scegliere amici e alleati. Changez non è un politico fanatico o un illetterato fondamentalista religioso; è un uomo laico, intelligente e colto, che conosce e ama profondamente entrambe le sue patrie, quella di nascita e quella d'elezione, e che si trova davanti ad una lacerante scelta morale.

Uscito il 26 aprile scorso negli Stati Uniti, col pretesto di immagini violente (quali?) e scene di sesso (castissime) THE RELUCTANT FUNDAMENTALIST è stato ridicolamente incasellato come thriller e fregiato da una “R” (vietato ai minori): assurdo ma non inspiegabile, visto che è un film pericoloso perché fa riflettere. Per una volta il “conflitto fra civiltà” è esposto senza manicheismi, con intelligenza e pacatezza, senza gli eccessi pamphlettistici di un Michel Moore o le sparate complottiste di un Oliver Stone. La frase ricorrente di Changez “niente è ciò che sembra, l'apparenza inganna” è il filo conduttore scelto dalla rediviva regista Mira Nair: il rapimento del professore americano, e probabile spia, dopo pochi minuti è solo un pretesto; l'incombente presenza delle Forze speciali, pronte ad assaltare la Casa dello Studente, diventa quasi una fastidiosa incursione della realtà nella complessa riflessione su temi importanti e davvero fondamentali. Le poche scene d'azione e il posticcio thriller ad orologeria sono gli unici punti deboli di una trama comunque molto equilibrata.

Protagonista assoluto nel ruolo di Changez è l'inglese Riz Ahmed, trentenne di origine pakistana, rapper radiofonico di successo sotto il nome di Riz MC, ma anche laureato in performing arts a Oxford e stimato attore teatrale. E' talmente perfetto da rendere impensabile questa parte interpretata da un altro. Al suo fianco il come sempre ottimo Liev Schreiber nei panni del giornalista americano (nel libro ad ascoltare il monologo era un anonimo turista). Nel ruolo del cinico mentore e spietato analista finanziario Jim Cross c'è un eccellente Kiefer Sutherland. Deludente purtroppo la prestazione di un'appesantita e inaspettatamente bruna Kate Hudson, che insieme ai capelli biondi sembra aver perso ogni brio e l'abituale luminosità e freschezza: colpa probabilmente del personaggio della fidanzata Erica, lagnosa, supponente, antipatica. E' sempre un piacere rivedere l'attivissimo (240 titoli) attore indiano Om Puri, nel ruolo piccolo ma importante del padre, nonché coscienza del protagonista.

Rispetto ai molti film usciti a ridosso dell'11 settembre 2001, questo di Mira Nair come il diametralmente opposto in stile e ideologia ZERO DARK THIRTY (di Kathryn Bigelow, guarda caso un'altra donna), ha il vantaggio di una prospettiva temporale più ampia, che ha permesso di dare vita ad un film elegante e complesso, magari un po' lungo ma mai didascalico o disposto ad aggrapparsi a un'ideologia. Non pretende di darci risposte ma ci pone davanti alla questione essenziale di questo "riluttante fondamentalista": se la sua intelligenza e umanità riusciranno ad impedirgli di essere risucchiato nella risacca del fondamentalismo.Da vedere.

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