Regia di Yoshiaki Kawajiri, Jack Fletcher vedi scheda film
Vampire Hunter D- Bloodlust è un film d'animazione del 2000 scritto e diretto da Yoshiaki Kawajiri e prodotto dalla Madhouse.
L'opera è basata sulla serie delle omonime light novel di Hideyuki Kikuchi, autore molto stimato da Kawajiri.
Sinossi: In un futuro prossimo una guerra nucleare ha devastato il nostro pianeta, trasformandolo in un oscuro medioevo popolato da demoni, vampiri e uomini.
Il protagonista della storia è D, celebre cacciatore di vampiri oltre che leggendario dampyr (metà umano, metà vampiro), il quale viene ingaggiato dalla nobile famiglia Elbourne per riportare a casa la loro giovane figlia, rapita dal temibile vampiro Meir Link...
Kawajiri dopo aver scritto pagine importanti di storia del cinema d'animazione con capolavori come La città delle bestie incantatrici o Ninja Scroll tra il 1994 ed il 1996 decise di cimentarsi in due progetti piuttosto sperimentali ma minori da un punto di vista produtivo e lavorativo.
Nel 1994 dirige il primo episodio dell'OAV The Cockpit, una mini-serie che ripropone in chiave animata alcuni racconti autoconclusivi, ambientati durante la Seconda Guerra Mondiale, realizzati dal maestro Leiji Matsumoto mentre nel 1996 dirige interamente un altro OAV: Birdy Thr mighty.
Terminati questi due lavori, l'enfant terrible dell'horror giapponese decide di focalizzarsi nuovamente su di un progetto ambizioso (Vampire Hunter D- Bloodlust) ed il riultato è abbastanza scontato visto la regia e produzione (Madhuse): ennesima pietra miliare della sua straordinaria carriera.
Vampire Hunter D- Bloodlust è un vero e proprio gioiello, uscito in un periodo particolare dato che l'animazione giapponese nel 2001 sarebbe entrata in una nuova fase [mi riferisco al cinema dato che la serialità era stata da poco rivoluzionata da maestri come Hideaki Anno, Shin'ichiro Watanabe o Shoji Kawamori] definita da alcuni studiosi del settore "big bang" aniamto, visto l'uscita di due capolavori inestimabili come La città Incantata o Metropolis; dunque il film di Kawajiri anticipa ancora una volta illustri colleghi realizzando un film immenso e distinto da una messa in scena soave ed incredibilmente complessa, come vedremo a breve.
Il film di Kawajiri presenta un universo immaginifico e recondito difficile da descrivere; il suo mondo è un luogo dove passato, presente e futuro sembrano essere la stessa identica cosa, come dimostrato dai primi stupefacenti minuti.
Impossibile non partire dall'incipit: il film si apre mostrandoci un luogo oscuro e la regia gioca subito un ruolo primario.
La macchina da presa esegue un lungo movimento estensivo (all'indietro) dalla velocità via via più progressiva, ed inizialmente sembrerebbe essere posta al di là di una sbarra (risulterà poi un inganno) comunicando così un senso di oppressione dato che il mondo del film non è assolutamente ospitale e non solo per la presenza dei vampiri.
Altrettanto bella la scena conclusiva dell'incipit, composta da una serie di carrellate orizzontali su di una città coperta dall'oscurità e caratterizzata da uno stile gotico.
Oscurità momentaneamente accantonata nella sequenza successiva che combacia con l'ingresso in scena del nostro antieore. Kawajiri dal gotico passa al western, ed il taciturno e misterioso D che entra in una chiesa in rovina rievoca tantissimo cinema tipico del genere; dopo tutto l'autore giapponese è un grande amante della cultura pop occidentale.
Nella sequenza successiva siamo nuovamente catapultati in uno scenario oscuro e facciamo la conoscenza di un gruppo estroso di cacciatori di vampiri, i quali viaggiano su una sorta di locomotiva blindata.
Quasi subito dovranno affrontare un gruppo di vampiri di bassa leva, ed è interessante notare come queste creature si muovono lentamente rievocando lo zombi romeriano e a tal proposito un personaggio del team li etichetta proprio come zombi; tuttavia una volta iniziato lo scontro, questi vampiri cambiano modus operandi diventando agili e dinamici, anticipando gli infetti di tanto cinema contemporaneo (ad esempio a 28 giorni dopo di Boyle, uscito nel 2002).
Vampire Hunter D- Bloodlust, un po' come tutti i film del maestro, rappresenta anche una serie di personaggi assai particolari nel character design, qui curato da Yoshitaka Amano ed Yutaka Minowa (in perfetta sinergia con le idee del regista).
Si è già accennato al team di cacciatori di vampiri, equipaggiati con armi e veicoli ultra-tecnologici ma nel mondo di Kawajiri troviamo pure uccelli preistorici dalle dimensioni mastodontiche oppure demoni caratterizzati da un particolare codice etico (i pericolosi Barbaroi).
Quando entreranno in scene questa creature, assisteremo a scontri epici studiati nel dettagliato con una regia dinamica e mai confusionaria, nonostante le singolari abilità dei demoni.
Il film vanta anche una sceneggiatura pregevole, certo il soggetto è semplice e basilare ma il regista è bravo a non cadere in stereotipi banali e lo conferma pienamente l'affascinante vampiro Meier Link.
Lui non ha assolutamente rapito nessuno, bensì è la giovane Charlotte che ha deciso di sua spontanea volontà di seguire il vampiro, il quale dal canto suo farà di tutto sia per proteggerla e soprattutto non cedere ad istinti naturali (la sete di sangue).
Meier è inoltre un personaggio molto più complesso di quanto sembra. Lui soffre terribilmente la sua condizione di vampiro poichè non vorrebbe uccidere nessuno ma se vuole sopravvivere deve per forza bere del sangue umano; inoltre Meir è preoccupato del destino della sua stirpe, ormai in procinto di estinguersi, regalandoci dei monologhi esistenziali affascinanti.
Meir non è l'unico soggetto malinconico, pure D è afflitto dal suo status di dampyr che lo porta ad allontanarsi da tutto e tutti, vivendo una esistenza solitaria; discorso simile anche per la cacciatrice Leila, la quale ha dedicato tutta la sua vita a cacciare vampire e ora ha paura di morire sola, senza nessuno che piangerà sulla sua tomba.
Tornando a focalizzarci sulla messa in scena è opportuno ribadire come tutto il film sia contraddistinto da una regia incredibilmente virtuosa mai fine a se stessa; pensiamo alla complicatissima scena in cui Charlotte esce dalla carrozza per osservare la luce del sole con l'asse della macchina da presa rovesciato e soprattutto non incentrato su di lei bensì su di uno specchio d'acqua che riflette la figura di Charlotte. Lo stile è cervellotico poichè sintomatico della relazione tra la donna ed il vampiro; una relazione proibita ma purissima e messa in scena poeticamente.
Memorabile anche il pre-finale ambientato nel castello di Carmilla.
Kawajiri sorprende ancora una volta, proponendo un approccio onirico-surreale con i vari protagonisti che rivivono le loro peggiori paure. Infine splendidi e suggestici anche i due finali.
Perla assoluta da guardare e riguardare.
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