Regia di Kike Maíllo vedi scheda film
Il germe del cambiamento si nasconde nelle pieghe della routine. Basta una piccola deviazione dall’abitudine per scardinare i ripetitivi schemi della normalità. Il tema è ormai un consolidato canone cinematografico: in Sliding Doors o in Lola corre il destino si gioca sul filo dei secondi. Ma quella sbavatura che, da sola, è in grado di modificare il corso di un’intera esistenza, non è necessariamente un minuscolo sfasamento temporale. Può essere anche un sorriso che sposta l’asse di un volto. I cani di Pavlov imparano la vita attraverso le regole – inesistenti, ma simulate ad arte – suggerite dai meccanismi che, ogni volta, si ripresentano identici. In questo modo la loro mente esclude la novità ed è impreparata alla sorpresa, che può anche essere fatale. Anche i cinque protagonisti di questo film sono convinti che la quotidianità scorra sempre allo stesso modo. Sono tre ragazzi, una bambina ed una ragazza che, alle due e mezzo di un giorno qualunque, si ritrovano in un luogo che tre di loro sono soliti frequentare: un piccolo supermercato che sta per chiudere per la pausa pranzo. Apparentemente, in mezzo a quegli scaffali e sul marciapiede antistante la vetrina, non sono in ballo questioni importanti, ma solo le ordinarie minutaglie come comprare una confezione di zuppa o aspettare la mamma cassiera che sta per smontare dal lavoro. L’unica emozione è un banale imbarazzo, come quello provato da Alicia che, durante la dimostrazione di un prodotto, fa scoppiare la confezione dentro al forno a microonde. O quello che assale Mosés nel momento in cui, per la prima volta nella sua vita, si azzarda a rubare della merce. Le premesse sembrano indifferenti al bene e al male, e quindi incapaci di produrre conseguenze significative. Questo anonimato del già noto racchiude, però, insospettate potenzialità, in grado di sconnettere quel labile equilibrio, facendo spostare l’ago della bilancia in una o nell’altra direzione. L’alternativa è una naturale diramazione della consuetudine, da cui sboccia quando uno meno se l’aspetta. Kike Maíllo ce lo dimostra con un serrato gioco di controcampi e cambi di angolazione, che trasformano questi quindici minuti in bianco e nero in un piccolo, nitidissimo saggio fotografico sulla trascurata importanza dell’istante.
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