Regia di Yoshitaro Nomura vedi scheda film
Harikomi. La caccia. Questo film di Yoshitaro Nomura ruota intorno ad un cherchez la femme nel quale la presunta centralità maschile, nella società giapponese, si disperde in un vortice da capogiro. La donna è il segnaposto del percorso esistenziale, lungo il quale l’uomo fatalmente si perde. Incasellato nel suo ruolo, che lo rende inutile ed inerte, non è capace di seguire una strada. Il movimento è, per lui, un vagabondare intervallato da periodi di stasi, in un’alternanza che annulla la possibilità di trovare una direzione. Così è per Ishii, emigrato dal paese natale in cerca di fortuna, ed ora assassino latitante. E così è anche per Yuki e Shimooka, i detective che sono stati incaricati di catturarlo, e che lo inseguono disperatamente attraverso viaggi faticosi e scomodi, in treno, in auto, a piedi, oppure lo aspettano, invano, restando appostati per giorni dietro la finestra di un’afosa camera d’albergo. Le figure femminili di cui sono circondati, le loro mogli, madri, sorelle, fidanzate, e le stesse cameriere dell’hotel, sono caratteri ben formati, dai contorni nitidi, menti vigili e determinate, che adottano, nei confronti della vita, un approccio pragmatico, ed hanno sempre le idee chiare. Non si confondono nemmeno quando sono chiamate a rivestire, contemporaneamente, più ruoli, magari incompatibili, come avviene per Sadako, casalinga premurosa, madre affettuosa ed amica di un criminale. Le donne hanno la forza di guardare in faccia la realtà e di essere senza nascondersi: il loro fascino attira verso la luce, costringendo il noir ad abbandonare le sue tradizionali ombre per uscire allo scoperto, fuori dagli oscuri recessi delle città, dentro una campagna inondata da uno splendente sole estivo. Pedinare Sadako per arrivare a Ishii è come lasciarsi guidare dalla certezza al fine di afferrare l’indistinto, ciò che eternamente sfugge, soprattutto a se stesso. Poliziotti in incognito e omicidi mentitori sono metaforiche incarnazioni di un modo immaturo ed inconcludente di giocare con la propria identità, sottraendosi pervicacemente ad una definizione che potrebbe implicare l’assunzione di uno specifico impegno: come, per Yuki, sposare una ragazza ed assicurarsi un futuro come gestore di un bagno pubblico, o come, per Shimooka, smettere di andare in giro per lavoro ed essere finalmente un padre presente, che mantiene la promessa di portare il figlio a fare una nuotata. Lo spirito del rinnovamento sociale si basa sul coraggio di assumersi responsabilità non scontate, che non sono subite passivamente come corollari di una funzione preassegnata. Decidere consapevolmente di diventare qualcosa di completamente nuovo è il principio dello sviluppo dell’individuo, e, se viene messo in pratica collettivamente, è in grado di generare il progresso. L’esempio di Sadako sarà, per Yuki, portatore dell’illuminazione che lo spingerà ad osare. Da lei imparerà che si può deviare dalla via principale, e magari sbagliare, però non è ammesso smarrirsi: Sadako e Ishii sono entrambi partiti dal loro luogo d’origine, che pure amavano, ma con intenzioni diverse: la prima per iniziare una vita stabile, che riteneva giusta, il secondo per sperimentare incoscientemente l’ignoto. Sadako è colei che sa sempre ciò che vuole, anche quando si ritrova a pentirsi delle scelte intraprese. Ishii è invece colui per il quale il fallimento si risolve in una traumatica interruzione della vita, nell’attesa di una non meglio precisata opportunità di ricominciare daccapo. La traiettoria della caccia è casuale, fluttuante, procede alla cieca e non esclude i giri a vuoto, i ritorni sui propri passi, la perdita dell’orientamento. È l’atavico tracciato dell’uomo primitivo che insegue una preda invisibile, anziché, come l’uomo evoluto, procedere dritto, verso un obiettivo concreto e ben definito.
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