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Mai per amore. La fuga di Teresa

Regia di Margarethe Von Trotta vedi scheda film

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La recensione su Mai per amore. La fuga di Teresa

di Leo Maltin
7 stelle

CONTIENE ANTICIPAZIONI

Il terzo titolo di questa serie sulle donne si riferisce all'atto di ribellione compiuto dalla figlia maggiore della vera protagonista: attraverso il suo allontanamento da casa, si risalirà alle origini del malessere psico-fisico covato dalla madre, tale da indurla a una scelta estrema. Con l'uso di flash-back e improvvisi squarci onirici ben inseriti nel corso della storia, la Von Trotta si concentra sulle conseguenze dell'assenza di una figura femminile rimpianta con sincero affetto da chi l'ha conosciuta e amata: le due figlie naturalmente, legatissime alla donna; l'amica di famiglia; la sorella, il fratello e anche il parroco, che nell'omelia per i funerali usa parole che lasciano intendere altro ("il male oscuro"). Tutti questi personaggi secondari - meglio delineati rispetto agli analoghi dei due precedenti lavori - si mostrano sbigottiti di fronte a una morte così improvvisa, tanto che viene aperta un'inchiesta: sarà proprio grazie alle indagini di polizia e con l'aiuto di una psicologa che verrà fatta luce sulle cause di questa tragedia. La donna ha deciso di togliersi la vita per l'ingombrante presenza del coniuge Stefano (un ottimo Alessio Boni), cardiologo stimato e di successo ma padre e marito soffocante; il suo atteggiamento apparentemente premuroso nasconde una oppressiva mania di controllo, che rende di fatto impossibile una serena vita familiare: le sue indubbie capacità mediche - più volte mostrate nel corso della vicenda - diventano strumento di violenza coniugale (più emotiva che fisica, anche se non mancano accenni a veri e propri atti di maltrattamento). Se dal punto di vista fisiologico per Stefano il cuore non ha misteri, ciò non toglie che egli sia arido emotivamente: la sua eccellenza in campo professionale viene adoperata per incatenare a sé una donna che, succube del marito, non perde quel minimo di dignità manifestandogli disprezzo - seppur con dolore e fatica (in quanto sotto effetto di psico-farmaci). La sua autorità è indiscutibile: chi osa ribellarsi viene pesantemente mortificato (persino sua madre); perciò considera le indagini sulla morte della moglie come una fastidiosa invasione nel suo privato, in cui non sono ammesse interferenze da parte di nessuno. Tutta la prima parte della storia risulta ben compatta: è qui che la regia si mostra efficace, soprattutto nei momenti in cui viene resa palpabile l'atmosfera di tensione di questo gruppo di famiglia in un interno; man mano che si procede nella vicenda però non sempre viene mantenuta l'organicità necessaria: alcuni nodi narrativi sono lasciati in sospeso oppure vi si allude blandamente (si tratta pur sempre di una produzione televisiva). Nonostante questi difetti in fase di scrittura (comunque almeno in parte impliciti, visto il pubblico a cui si rivolge), si tratta del segmento più riuscito e convincente di questa ricognizione sul mondo femminile.

Alessio Boni

Si impegna veramente a fondo in un ruolo così difficile. Straordinario.

Stefania Rocca

Rende benissimo la sofferenza del suo personaggio.

Ninni Bruschetta

Sufficiente.

Alessando Sperduti

Sufficiente.

Daniela Morozzi

Bravina.

Erika Blanc

Si vede poco, però brava.

Gaetano Aronica

Bravo.

Maria Sole Mansutti

Sufficiente.

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