Regia di Sergey Bodrov vedi scheda film
Creature mostruose, streghe, ultimi cavalieri, draghi, spettri, villaggi indifesi, l'imminenza di una devastazione letale; ed ancora, l'astro nascente di un nuovo giovane eroe, fantasmi del passato, segreti, misteri, sortilegi, antichi amuleti dal potere enorme, amori impossibili e belle donzelle da salvare, l'inevitabile lotta tra bene e male ... Sì, l'universo è quello del medieval fantasy: un arrugginito boccale di clichè ammuffiti e roba stravista talmente traboccante che solo ad evocarne forma e contenuto vien noia; quella sì, mortale.
Inutile - per non dire irritante - il fatto che ogni due minuti ripetano - a mo' di mantra/litania che vorrebbe tanto suonare roboante e foriera di chissà quale arcana rivelazione ed invece (tra)passa nell'indifferenza generale - «il settimo figlio ... il settimo figlio di un settimo figlio». Paura, eh?!
Al settimo minuti già vorresti che il Male, una volta tanto, trionfasse accoppando brutalmente tutti i buoni o presunti tali. In sette minuti. Quindi dopo quattordici saresti già fuori dalla sala con quei tamarri dei Manowar in cuffietta (residui della settima caramella alla cannella oltre che della settima visione nefasta in sette giorni). Anche perché Kit "Jon Snow" Harington lo fanno fuori subito, giacché poi non sussistono più motivi d'interesse. Nemmeno i due protagonisti principali lo sono: i malcapitati (ma si spera - per loro e per la nostra anima - ben remunerati) Jeff Bridges e Julianne Moore. Lui sembra avere come modello il Nicolas Cage de L'apprendista stregone, lei è naturalmente la rossa strega cattiva con l'aria svagata di chi si è preso una meritata vacanza dopo ruoli impegnativi.
La loro presenza, volendo, è l'unico mistero di questo film (che d'altronde non ne ha): non una scena che, nel suo sviluppo, non sia prevedibile; non un personaggio che non sia noiosamente prevedibile; non una ricostruzione d'ambienti (il villaggio, le montagne, gli interni e gli esterni) che non sia facilmente soggetta a codici e mode del genere. Malgrado le scenografie siano firmate Dante Ferretti, o il nome di Steven Knight verghi la scadente sceneggiatura (figura come coautore ma chissà per quante e quali mani è passata): l'immaginario rivela povertà di idee, tutte riciclate, copiate (perlopiù malamente).
Gli effetti speciali non sono un granché, la regia (del russo Sergei Bodrov, già al timone dei blockbuster russo-kazaki Nomad e Mongol) annaspa nel tentativo di unire gusto "europeo" ed esigenze yankees, cosicché la visione sbrodola tra ritmi soporiferi e momenti concitati vissuti come balordo riempitivo; mentre le performance degli attori (anonimi, con l'eccezione della sempre brava Olivia Williams) si adeguano ai livelli (bassi) del film (costretti, come sono, a dialoghi assai modesti e in travestimenti puerili).
Il settimo figlio, tratto dalla saga di romanzi fantasy Wardstone Chronicles, creata da Joseph Delaney, non appassiona né interessa - né men che meno diverte - mai. Se la speranza dei produttori era quella di creare un altro franchise di successo, beh, non gli è andata bene.
Forse avrebbero dovuto pensarci almeno una settima volta ...
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