Regia di Tiziano Longo vedi scheda film
Peccatori di provincia, titolo programmatico, è uno di quei prodottini facilmente databili che venivano frettolosamente scritti, girati e mandati in sala a metà degli anni Settanta approfittando della drastica riduzione delle restrizioni della censura e cogliendo così, con il solletico ai pruriti degli spettatori, un facile o quantomeno dignitoso rientro economico con il minimo sforzo. Tiziano Longo come regista dice sicuramente poco: ma meno del suo nome dicono le sue capacità, realmente limitate; in quel periodo d'altronde molti cineasti da strapazzo ebbero l'occasione di dirigere qualche pellicola (Longo lo farà appunto lungo gli anni Settanta, poi smetterà) e, dal punto di vista del pubblico, del mercato e dell'industria cinematografica nostrana questa non è stata affatto una brutta cosa. Già più difficile è invece giudicare positivamente oggi la visione di questo lavoro, una claudicante commediola a sfondo erotico impostata su una sceneggiatura (Marino Onorati) a dir poco frivola e che sfrutta come può un cast peraltro neppure disastroso: Renzo Montagnani in primis, ma vi sono presenti anche Riccardo Garrone, Macha Meril e l'incantevole Femi Benussi. Nei due sostantivi del titolo, già il succo del discorso dell'opera (e di tante altre coeve e affini): caratterizzazioni regionali e scenette peccaminose. 2/10.
Una ragazza eredita una cospicua somma, ma essendo suora non sa che farsene; l'intera famiglia, bramando il denaro, cerca di far leva sulle clausole del testamento che, annullando le ultime volontà, consentirebbero la divisione dell'eredità fra tutti i parenti. Ad esempio: cogliere la ragazza in atti di libidine.
Non ci sono commenti.
Ultimi commenti Segui questa conversazione
Commenta