Regia di Pablo Larrain vedi scheda film
Pablo Larraín racconta uno snodo fondamentale nella storia del Cile, la fine della dittatura militare battuta dalle moderne campagne di marketing, immergendoci nel 1988 con una scelta stilistica "vintage", ma offrendoci una riflessione sempre attuale sul valore e sui limiti della democrazia pluralista.
VOTO: 7,5 su 10
Pablo Larraín racconta uno snodo fondamentale nella storia del suo Paese, quando la dittatura di Augusto Pinochet, salita al potere nel 1973 col sangue e col terrore, decise di affidare la sua sopravvivenza alla legittimazione popolare, indicendo un referendum sulla permanenza al potere del Generale. La mossa si rivelò un clamoroso errore di calcolo, con la maggioranza dei cileni che nel 1988 scelse il cambiamento democratico, ponendo fine al regime militare. Ma quando il referendum venne annunciato, non si prevedeva certo tale risultato, in un Paese dove il regime controllava ancora tutto, in primis i mezzi di comunicazione ed informazione, ed i quindici minuti giornalieri assegnati alla comunicazione del fronte del “No” alla permanenza di Pinochet al potere sembravano veramente troppo poco per ribaltare il divario.
E qui entra in gioco la scelta di coinvolgere René Savedra, un pubblicitario esperto dei moderni meccanismo del marketing, per rendere il più efficace possibile il messaggio veicolato nel poco tempo a disposizione. Come i pubblicitari dei marchi più celebri (ed infatti un critico paragona il suo prodotto alle pubblicità della Coca Cola), la strategia di René consiste nell'associare il “no!”a concetti e sentimenti positivi, nel suo caso l'allegria (Chile, la alegría ya viene !), andando contro i desiderata di chi vorrebbe usare tale opportunità per denunciare i crimini della dittatura. Alla fine la scelta azzardata di René si rivela vincente il “no” e la democrazia prevalgono grazie alla modernità del loro messaggio ed alla capacità di utilizzare al meglio i media, specialmente la televisione, mentre la dittatura è condannata a soccombere in quanto relitto del passato, ormai incompatibile con una società moderna come stava rapidamente diventando quella cilena, tra le più avanzate dell'America latina. Un regime fatto di anziani, ferrivecchi della Guerra Fredda esperti nell'infondere terrore con la tortura, ma incapaci di utilizzare le moderne tecniche di persuasione dell'elettorato, si condanna pertanto all'estinzione.
Dall'opera di Larraín emerge pertanto una interessante, seppur non lusinghiera agli occhi di molti ma a mio avviso azzeccata, visone della democrazia pluralista, equivalente ad un mercato civico dove gli elettori possono scegliere diversi “prodotti politici”, così come da consumatori possono scegliere tra diversi prodotti commerciali nel supermercato, con la necessità per i “produttori” di affidarsi a sapienti campagne di marketing per raggiungere il loro elettori/acquirenti. Un sistema, quello democratico, anche per Larraín infinitamente migliore di una dittatura dove chi dissente finisce “desaparecido”, ma dove comunque la pubblicità e i mass media acquisiscono inevitabilmente un enorme influenza.
Larraín si mantiene aderente agli eventi storici, con l'inserimento nel film dei veri messaggi delle rispettive campagne. Il personaggio di René ben interpretato da Gael Garcia Bernal, seppur fittizio nasce dalla fusione di due veri leader della campagna democratica. Riesce bene a dare l'idea della spaccatura che attraversava il Paese in quel frangente, con il duro scontro del protagonista con il capo della sua agenzia, schierato invece per il “Sì” e le critiche della ex moglie, attivista che aveva subito il carcere, che lo accusava di legittimare il regime partecipando al referendum. Ben reso è il clima di speranza e di paura in cui vivevano i partigiani della libertà, increduli di poter per la prima volta far ascoltare la propria voce, impauriti dalle minacce delle possibili conseguenze del loro coraggio, ma speranzosi di poter chiudere una parentesi sanguinosa e dolosa.
Vincente è la scelta dell'autore dii girare il film con video-apparecchiature a bassa definizione dell'epoca, conferendo alle immagini un aspetto sgranato e “vintage” da filmino amatoriale o da ripresa televisiva anni 80, che contribuisce a dare all'opera una spiccata personalità e ad immergerla totalmente nel momento storico che racconta, realizzando una perfetta fusione con gli inserti dei veri spot del 1988 (peccato che la versione doppiata italiana rovini in parte l'incantesimo lasciando in spagnolo sottotitolato i filmati d'archivio, creando uno stacco linguistico dove Larraín cercava l'omogeneità).
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