Regia di Pablo Larrain vedi scheda film
Cile, 1988. Il dittatore Pinochet, dietro ineludibile consiglio statunitense, decide di indire un referendum popolare: Sì al mantenimento della dittatura, No alla sua prosecuzione. Di fronte a uno scenario mediatico rigidamente controllato, concede al cartello del No (composto da democristiani e socialisti) 15 minuti di comunicazione “libera” in tv. I promotori referendari assoldano un giovane pubblicitario di origine messicana, Gael García Bernal, che ribalta la campagna rendendola “allegra” e facendoli vincere. Cineasta dal limpido talento, Pablo Larraín, dopo il capolavoro Post Mortem (2010), anatomia del Cile devastato dal golpe militare, rimette insieme i cocci raccontando un evento epocale non solo per la vittoria della democrazia ma perché traghettò il paese da una condizione di chiusura “franchista” alla modernità dell’era consumista. Vedendo No. I giorni dell’arcobaleno hanno tutti gioito per le sorti della gioiosa macchina da guerra democratica, sottolineando (giustamente) lo stile aspro del regista, al solito restio alla spettacolarizzazione dei valori condivisi, fossero pure estetici. Nessuno però ha notato quanto sia angosciante il finale: Bernal e il suo capo ex pinochetista si ritrovano a lavorare a una pubblicità «stile James Bond», e la sequenza si chiude sulla faccia tutt’altro che felice del giovane davanti a immagini frivole quanto terribilmente vacue. Il vero senso politico del film è soprattutto qui. Welcome to the Jungle
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