Regia di Gavin Hood vedi scheda film
Terzo figlio su una Terra futura prossima che contiene le nascite per limitare i danni, il giovane Ender è combattuto tra la forza bruta, disperata, letale, e l’empatica tenerezza nei confronti del diverso. Come tutti i suoi coetanei ritenuti idonei dal governo militare (un regime alla Starship Troopers, epurato delle geniali esasperazioni) si prepara a combattere una nuova guerra. Sa di avere un nome peculiare: contiene la Fine, e ha le potenzialità per innescarla. Se ben guidato potrebbe al contrario salvare l’umanità dall’imminente attacco di una razza aliena insettoide, già responsabile di una immane catastrofe. La vita come la conosciamo è nelle mani di un ragazzino esile e acuto, il gioco di cui è protagonista coinvolge un campo senz’atmosfera e una schiera di soldati adolescenti chiamati a diventare strateghi di morte: le prove della battaglia sono un allenamento visivo meraviglioso e contraddittorio per i contendenti e per lo spettatore, catapultato in una palla di vetro dove le sparatorie diventano coreografie e gli assassini predestinati fluttuano come danzatori impacciati o curiosi. La costruzione di un universo aggraziato e spietato regge la trasposizione dalla pagina scritta (Orson Scott Card, 1985) e non segue la moda della rapidità che sacrifica il cuore di prodotti “per giovani adulti” sull’altare della cascata di eventi: il film di Gavin Hood inciampa pure nei tempi morti, ma cresce nello sguardo cangiante del sorprendente Asa Butterfield, specchio di un vincente dolorosamente consapevole dei suoi crimini necessari.
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