Regia di Joseph Kosinski vedi scheda film
Ci sono registi che arrivano al cinema da altri settori ma si convertono senza problemi al nuovo mezzo, altri che sembrano continuare a fare quello per cui erano famosi. Joseph Kosinski non ha certo problemi nel visualizzare una storia di fantascienza, ma forse dimentica che l’effetto più speciale è sempre la sceneggiatura. Con Oblivion (nato da una sua suggestione, più che un’idea, per un graphic novel) firma due film distinti che non combaciano quasi mai: uno affascinante e originale nell’aspetto grafico e architettonico, l’altro derivativo di decine di pellicole di fantascienza (una per tutte: Moon), ripetitivo e confuso nella struttura. È un peccato, perché una copertina così bella meritava un libro migliore. A questa space opera high-concept dalle alte aspirazioni, che potrebbe riportare Tom Cruise sulla cresta dell’onda, preferiamo la fantascienza low budget e ricca di idee di Rian Johnson e Neill Blomkamp. Ma è facile immaginare perché l’attore abbia amato questa storia postapocalittica di rigenerazione e riscatto dagli echi hubbardiani, col suo eroe messianico che diventa celebrazione del proprio mito. Peccato che gli altri, a eccezione di Andrea Riseborough, sembrino capitati lì per caso, compreso il deus ex machina del cinema americano, Morgan Freeman, condannato da autori con poca fantasia a clonare se stesso e a indossare all’infinito la maschera del leader carismatico.
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