Regia di Joseph Kosinski vedi scheda film
All'inzio fu una graphic novel realizzata da un regista a mo di appunto, talmente indaffarato da temere che l'idea prodigiosa si perdesse nei meandri di una quotidianità iper attiva. Poi, grazie al successo di altri lavori ed alla credibità conquistata il regista si accorse che quell'idea gli frullava ancora in testa e che forse era il caso di non perdere tempo e di realizzare "Oblivion". Il prtagonista dell'ennesima versione del sogno americano è il regista Joseph Kosinski promosso a pieni voti dopo il successo di "Tron:Legacy" sequel del capostipite del cinema elettronico capace di soddisfere cultori e botteghino.
Per realizzarlo, visto il costo e l'azzardo - il film si regge quasi interamente sulla presenza del protagonista principale - ci voleva un nume tutelare che scommettesse sull'impresa. Il risultato è stato Oblivion, diretto da Kosinski ed interpretato da una star che di copioni se ne intende, avendo nella sua oculata carriera sbagliato quasi nulla in termini di scelte. Il succo del film e quindi la necessità di realizzarlo sta nella visione di un mondo che non può fare a meno della sua umanità. Per quanto virale nel condannare la specie di appartenenza e quelle che con lui condividono il pianeta terrestre, l'essere umano e la sua socialità rimangono l'unica alternativa possibile ad una vitsa disumana. Per dimostrarlo Kosinski si inventa un mondo disabitato, fantasma di un impero che non esiste più e di una città ridotta al fantasma di se stessa. Una distesa di terra sconfinata attraversata dal drone di Jack Harper, una specie di Last Man Stand (in realtà c'è anche la compagna che però si rifiuta di mettere piede sul suolo terrestre) impegnato in una missione a termine: preservare quel che resta del mondo e delle sue risorse energetiche fino a quando non raggiungerà i propri simili stanziati su un altro pianeta. Un compito eseguito con metodica efficenza riparando i droni danneggiati dalla razza aliena che ha invaso la terra. Tutto procede per il meglio fino al giorno in cui dopo un drammatico ammaraggio Jack salva l'unica superstite di un equipaggio di una navicella terrestre. Da quel momento nulla sarà come prima.
Senza svelare le sorprese che si susseguono in maniera sin troppo generosa, iniziamo col dire che "Oblivion" è caratterizzanto da una disfunzione interna provocata da un'evidente dualismo: da una parte troviamo infatti un formalismo pressochè perfetto, che riguarda tanto gli spazi naturali, desolati e maestosi quanto le architetture e l'oggettistica dell'habitat di cui vive e si serve Jack (dalla casa sospesa nel cielo all'elicottero utilizzato per gli spostamenti), dall'altra ci sono invece gli arizigogoli di una trama che ogni tanto sembra perdere il filo, arrivando a malapena, e non sempre, a rendere conto del continui cambiamenti di prospettive che ogni volta azzerano le certezze fin li raggiunte. Per contro "Oblivion" è abile nell'organizzare una partitura drammaturgica in cui riesce a far convivere tre diversi movimenti. Il primo, quello preponderante è rappresentato dal tempo materializzato nel suo divenire e testimoniato dal sublime delle rovine dell'epoca che fu, ed emotivo, visualizzato negli inserti onirici che riguardano il passato di Jack. C'è poi il complesso della vita affettiva, che interessa non solo gli aspetti relazionali del protagonista nei confronti del duopolio femminile, ma anche il vagheggiamento dell'american Style of Life omaggiato dal rifugio edenico che Jack si costruisce in segreto nella landa di terra incontaminata dove si riposa ascoltando le canzoni dei Procolarum ed immaginando una vita normale; infine la tenzone militante e guerrafondaia, quella rappresentata dalla scontro tra umani ed alieni, di cui "Oblivion", alla pari di un capodopera come "Signs"(200") ma qualcuno potrebbe preferire l'accostamento con "Io sono leggenda" (2007) con Will Smith, riesce per lunghi tratti a fare a meno, privilegiando la suspence dell'ignoto e del sorprendente alla manifestazioni di potenza sciorinate dalla maggior parte del cinema blockbuster. Una scelta che deluderà i fan del cinema di fantascienza più spinto, quello risolto nello spargimento di sangue e di effetti speciali, ed invece quest'ultimo scorcio di cinema del futuro, pensiamo ad "Host" ma anche al prossimo "After Earth" questa volta con Shyamalan insieme a Will Smith ci costringe a fare i conti con mondi rarefatti e spogli, il cui vuoto è riempito da un grande senso di solitudine (Oblivion ne è pieno) e da una palingenesi che ci invita a tornare ad uno "stato naturale". In questo senso "Oblivion" pur con i suoi momenti di retorica - la scena in cui Jack mima il lancio decisivo di una famosa partita di football tra i resti del vecchio stadio è veramente fastidiosa - ed i difetti che abbiamo accennato riesce a far passare il messaggio con un intrattenimento di classe, che riesce a non perdere un colpo in fatto di ritmo e di performance attoriale, con Tom Cruise a proprio agio con un'interpretazioni di quelle che piacciono a lui, in cui l'abilità fisica conta quasi come quella espressiva. Per l'attore americano un altro passo verso la riabilitazione nel firmamento hollywoodiano. Aspettiamo di vedere come reagirà il pubblico americano prima di affermare la fine del periodo nero.
(icinemaniaci.blogspot.com)
Non ci sono commenti.
Ultimi commenti Segui questa conversazione
Commenta