Regia di Jonathan Glazer vedi scheda film
da un nulla nero come la pece arriva un essere che si forma e in breve assume le sembianze umane. di lì a poco il predatore comincia la sua caccia. come e perchè sia approdato sulla terra non lo sappiamo e non lo sapremo mai. per caso perchè no, o appositamente, come succede sul nostro pianeta. una specie particolare di una determinata zona viene spostata in un'altra zona più o meno accidentalmente e inizia il suo percorso di vita. questa specie di vita deve essersi informata attentamente perchè preda di notte a bordo di un furgone bianco, e individui maschi soli. l'essere ha le sembianze di una bella ragazza. grazie alle splendide musiche di mica levi che soprattutto nella prima parte del film sono presenza e materiale imprescindibile entriamo in contatto e a conoscenza di questa specie aliena che si ciba degli uomini che porta nel suo rifugio. qualcosa va storto e l'essere prende coscienza di sè, fuggendo da ciò che è, tentando di entrare a far parte del nostro mondo senza assimilarlo. glazer tenta di rarefare l'azione e gli accadimenti come se intendesse disperderli negli elementi che scuotono la terra in cui è ambientata la storia. freddo, mare in tempesta, pioggia e neve. gli uomini rapiti dallo splendore dell'alieno e condotti nello stesso luogo nero da cui lei arriva. lei vi cammina sopra, loro vi sprofondano... nudi, eretti e vivi, rimanendo vivi mentre tutto il loro corpo diventa molle e assimilabile. under the skin è un non luogo senza tempo che si nutre di emozioni false finalizzate al nutrimento, un nutrimento anch'esso falso poichè mangia senza utilizzare i metodi terreni. all'alieno la bocca serve solo per sorridere, intrattenersi con le prede con la speranza che la seguano di loro spontanea iniziativa. devo rettificare poichè ripensandoci nei giorni a venire ciò che ho scritto prende una nota positiva, quindi nella seconda parte il film soffre dello stesso smarrimento del suo personaggio. girovaga senza meta verso un finale che disperde il nero iniziale in un candore gelato della neve che ricopre tutto. la violenza non violenta dell'alieno ai fini di alimentazione viene brutalmente stoppata dalla paura terrena per ciò che non conosciamo. non si può certo dar torto all'operaio, ma ironia della sorte, ciò avviene proprio nel momento di crisi più profonda dello straniero. crisi che difficilmente avrebbe portato a cambiamenti significativi per esempio alla sua dieta. buona interpretazione della diva prestata alle sperimentazioni sci-fi e belle scene di nudo del tutto spogliate del glamour dello scandalo. la johansson grazie ad un regista che le ha profondamente creduto e voluto bene, crea una figura che difficilmente si potrà dimenticare, soprattutto in quel finale così crudo in cui la parte finzionale umana guarda perplessa quella reale aliena.
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