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Under the Skin

Regia di Jonathan Glazer vedi scheda film

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Souther78

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La recensione su Under the Skin

di Souther78
3 stelle

Esperimento lodevole, ma fallimentare, di importare la tecnica della candid camera in un genere cinematografico incompatibile. Il messaggio di fondo si perde, e resta semmai l'interesse sociologico. Difficile pensare di veicolare un pensiero filosofico rimettendo la sceneggiatura al caso e la recitazione a dei passanti. Peccato!

Avevo visto questo film anni fa, poi avevo completamente dimenticato la sua esistenza, fino a riscoprirlo per caso e rivederlo. Salvo accorgermi, dopo un po', di averlo già visto. Ho comunque deciso di dargli una seconda occasione.

 

Di pancia la mia impressione è che tutti i commenti atroci al film siano più che condivisibili. Appena conclusa la visione, il pensiero è stato: "è il film più inconcludente che io abbia mai visto nella mia vita".

 

Dopo aver letto alcune critiche positive, ho quindi riflettuto se fossi io l'insipiente che non apprezzava l'opera complessa e visionaria, oppure se si trattasse realmente di una cretinata. La conclusione è, per così dire, a metà strada. Vediamo perchè.

 

Da quanto si legge, lo sviluppo narrativo sarebbe quasi casuale, basato sull'idea di candid camera applicata al cinema. Si tratta senza dubbio di un concetto interesante e originale, peraltro ammirevole dal punto di vista del coraggio nel produrre e dirigere un'opera "di rottura" (non facciamo facili battute!). Dunque un esperimento, e, come tale, pregevole di per sè. Il punto è: si può realmente attribuire una portata filosofica a un'opera basata (quasi) sul caso? L'aspetto sociologico è evidente, ed è forse la componente più interessante. Ma come si può veicolare un messaggio filosofico, attraverso uno sviluppo indeterminato a priori? Questo richiederebbe una attenta predisposizione dei registri narrativi, espositivi, dei copioni, etc. Un concetto morale può essere rappresentato da 100 attori, ma nell'esecuzione di un indirizzo netto. Al contrario, 100 (non) attori che esternano se stessi forniscono dati sulla società (aspetto sociologico), ma non possono veicolare un messaggio univoco. Tra l'altro pare lecito domandarsi fino a che punto (e chi) sia candid camera, e quando no: se è vero che uno può essere ripreso a propria insaputa accanto o dentro a un furgone, è alquanto impossibile riprenderlo a sua insaputa mentre entra in una casa o mentre si immerge in una specie di catrame, come ipnotizzato.

 

Il fatto che si debba leggere un manuale per comprendere il senso di un film, probabilmente già lo svuota: in un buon film tutti dovrebbero trovare qualcosa, a prescindere che sia il senso più profondo o quello superficiale. Ma se su 108 minuti di visione le scene "chiave" sono 3 e si risolvono in 15 minuti scarsi, mentre il resto è più o meno improvvisazione, come si può ravvisare uno spessore generale nell'opera? Diciamo, allora, che c'è stata una idea buona e profonda, che però ha spinto a realizzare un risultato pressochè inguardabile. L'esperimento? Bello e interessante, ma fallito. Avrebbe potuto avere una sua dimensione, probabilmente in un'opera di ben altro genere (comico, preferibilmente), se limitata e inquadrata all'interno di una singola sezione, anzichè dilatata all'inverosimile e trasformata nell'essenza stessa.

 

C'è una differenza fondamentale tra i veri capolavori della fantascienza filosofica e questo: lì le riflessioni scaturivano nello spettatore a latere di una rappresentazione cinematografica di spessore, e non necessariamente per inculcare un pensiero specifico, bensì per suscitare dubbi o quesiti ancestrali. Per esempio, la visione di 2001: Odissea nello spazio non lascia un'idea in particolare, ma apre la porta a quesiti che ciascuno si porrà e/o risponderà a modo proprio. In questa prospettiva, anche i silenzi e i tempi morti sono funzionali all'interiorizzazione degli stimoli. Qui, al contrario, si cerca di suscitare una riflessione precisa sull'umanità e sui sentimenti, senza però esplicitarla nè approfondirla. Tanto più che l'esposizione criptica finisce, paradossalmente, per distrarre e indurre a chiedersi continuamente il senso degli eventi: se lo spettatore è impegnato a chiedersi "chi sono, da dove vengono, cosa vogliono, che fanno, questi?", come potrà concentrarsi sul messaggio di fondo?

 

In conclusione, se è da premiare l'intenzione, è sicuramente nefasto il risultato, e, in generale, si può considerare fallito l'esperimento: la candid camera al cinema non rende, salvo, semmai nei film alla Borat, che, però, puntano sulla demenzialità e non certo sull'impegno filosofico. Qui, con tutta la buona volontà, e pur leggendo il "libretto di istruzioni", il film resta brutto, lento, noioso, insensato, mal recitato (anche perchè in parte "non" recitato), irrisolto, sterile e a tratti disturbante. La musica e la fotografia si salvano. La prima senza dubbi, la seconda con gli ovvi limiti della tecnica adottata, ma soccorsa dai paesaggi suggestivi e alienanti.

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