Regia di Pierfrancesco Diliberto vedi scheda film
Come accadde con il caro Massimo Troisi che era considerato solo un bravo comico e nessuno si attendeva il suo exploit da regista, così l’opinione pubblica pensava che il tentativo di un personaggio televisivo cresciuto tra le Iene e i reportage di un canale giovanile come MTV sarebbe stato solo velleitario e sprecato. Errore gravissimo.
Costruito come un racconto di formazione, questo di Pierfrancesco Diliberto, in arte Pif, è piuttosto un film di rimozione e perché no di denuncia. Con il suo inimitabile stile, quasi venuto pari pari dalle sue esperienze televisive, Pif fa da filo conduttore, sempre con il suo sorriso disarmante, in un ventennio di storia mafiosa pieno di delitti e di episodi che hanno marcato pesantemente negli anni ’80 e ’90 la terra di Sicilia, forte della sua prima esperienza da aiuto regista nei fatidici cento passi di Peppino Impastato. Il suo sottile umorismo drammatico diventa un’arma micidiale saltando tra diverse figure importanti di quel periodo: tenendo come icona principale Giulio Andreotti, Arturo (il suo alter ego nella trama) viene addirittura concepito dai genitori proprio lo stesso giorno in cui Vito Ciancimino, mafioso di rango, è stato eletto sindaco di Palermo, da bambino fa amicizia con il commissario Boris Giuliano, da giornalista-ragazzino riesce ad intervistare il generale Dalla Chiesa, da giovanotto lavora nello staff della campagna elettorale di Salvo Lima. Quando Falcone e Borsellino vengono uccisi, il giovane Arturo capisce che è giunto il tempo di svegliare se stesso e tutto l’ambiente che lo circonda dal fatalismo predominante.
Come accadde con il caro Massimo Troisi che era considerato solo un bravo comico e nessuno si attendeva il suo exploit da regista, così l’opinione pubblica pensava che il tentativo di un personaggio televisivo cresciuto tra le Iene e i reportage di un canale giovanile come MTV sarebbe stato solo velleitario e sprecato. Errore gravissimo. Questo in realtà è un film che sorprende molto, perché il messaggio e il valore intrinseco è pesantissimo, perché, alternando scene solo apparentemente ingenue a sequenze drammatiche, mette in risalto l’efferatezza dei crimini mafiosi, perché si parla apertamente e chiaramente di avvenimenti che spesso chiari non sono. E tutto raccontato dall’inizio alla fine con il sorriso timido ma risoluto di Pif/Arturo, come per dire che un sorriso potrebbe seppellire la mafia, solo e soltanto se lo volessimo. Pervaso da umorismo spiazzante, derisione sardonica, ironia, narrazione a tratti glaciale, nessuna concessione alla retorica e un tocco di romanticismo, il film di Pif (miglior regista esordiente ai David del 2014) è bellissimo!
Arturo bambino: Ma la mafia ucciderà anche noi?
Il padre: Tranquillo. Ora siamo d'inverno. La mafia uccide solo d'estate.
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