La premessa
In una piccola città francese Germain (Fabrice Luchini) è professore di letteratura al liceo Flaubert, che ha da poco ottenuto il privilegio di diventare “scuola pilota”. In conseguenza di ciò tutti gli studenti avrebbero indossato una prestigiosa uniforme per distinguersi dagli altri liceali francesi, mentre attraverso un’ironica animazione, Ozon ce li mostra omologati come tanti prodotti dei nostri consumi seriali. Quegli studenti, per la verità, non sono diversi dai loro compagni francesi di altri licei: come loro imparano poco e presumono molto: non sanno scrivere correttamente, non sanno ragionare, non sanno far di conto, ma sono prontissimi a dar giudizi affrettati e superficiali sugli insegnanti e su quei rarissimi di loro, come Claude (Ernst Umhauer), che non si adeguano...
L'arte del raccontare: realtà e finzione
La presentazione che Ozon fa di Germain è impietosa: frustrato autore letterario, marito di Jeanne (Christin Scott Thomas), la gallerista specializzata, con successo, in mostre d’arte contemporanea, che ne ascolta le disavventure scolastiche, aiutandolo persino nella correzione dei temi, e pare sorpresa quanto lui, davanti allo scritto di Claude che, rispondendo al banalissimo tema su come gli studenti avessero trascorso il loro ultimo weekend, aveva descritto il proprio interesse per la famiglia del suo compagno Rapha (Bastien Ughetto), raccontando con competenza lessicale e grammaticale, la propria curiosità a osservare, dalla panchina del parco di fronte, la vita nella sua abitazione, essendo attratto dall’unità degli affetti di quel piccolo nucleo familiare.
Utilizzando un espediente retorico non comune, almeno fra i temi scolastici, il giovane aveva lasciato aperto il finale, con un interlocutorio continua, fra parentesi, quasi a indicare la propria disponibilità a proseguire nel dialogo col professore.
Da allora Claude avrebbe proseguito nel racconto scritto delle proprie osservazioni (e anche delle proprie immaginazioni) intorno a quella casa ed era diventato quasi un rito l’incontro fra le pareti della scuola, dopo le normali lezioni, fra lui e il suo professore, affascinato a sua volta da quella scrittura che lo coinvolgeva sempre più.
Claude aveva scritto in seguito che, offrendosi di spiegare a Rapha la matematica, era entrato in quella dimora, l’aveva osservata attentamente così come aveva osservato i comportamenti dei genitori: quello di Rapha-padre (si chiama, non senza significato, come lui ed è interpretato da Denis Ménochet) e quello di Esther (Emmanuelle Seigner), la sensuale madre casalinga dai troppi sogni irrealizzati, oggetto dei suoi interessi non solo letterari.
Quando le correzioni di Germain si erano spostati dal piano formale (come si potrebbe raccontare meglio ciò che si è osservato) a quello più sostanziale (come si potrebbe costruire meglio il racconto, facendo muovere situazioni e personaggi, non tanto secondo verità o verosimiglianza, ma secondo l’invenzione e l’immaginazione dello scrittore), era emersa con chiarezza la difficoltà di distinguere fra realtà e finzione ed erano comparse nella pellicola di Ozon, diventando film esse stesse, le diverse infinite possibilità che dall’osservazione della realtà si aprono non solo alla scrittura, ma a tutte le arti che usano il racconto, compreso il cinema, dunque.
Il film è molto intrigante, perché la riflessione sull’arte e sulla creazione artistica si trasforma in racconto cinematografico, talvolta teso e inquietante, talvolta ironico e divertente e talvolta anche drammatico, pieno di una sua verità, che non è la verità di tutti, ma quella esclusiva dell’artista che crea la sua realtà, componendo e scomponendo gli elementi che arrivano dall’osservazione.
Racconto ben costruito ma non troppo coinvolgente, perché il regista chiede anche allo spettatore di distinguere fra realtà e finzione, in un gioco di specchi leggero e intelligente, e talvolta spiazzante.
Magnifiche le interpretazioni di Fabrice Luchini, il professore, e di Ernst Umhauer, lo studente solitario, che forse non rassomiglia a nessun altro.
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