Regia di François Ozon vedi scheda film
Da un regista eclettico come Francois Ozon non sai mai cosa aspettarti, certo, raramente scade (troppo) verso il basso, ma spesso lascia la sensazione di essere parzialmente incompiuto se non addirittura sovrastimato come accaduto ad inizio carriera, questo premesso che comunque delle qualità le ha fatte fin da subito se non vedere almeno intravedere.
In questo caso si tratta di una pagina di cinema da non lasciarsi sfuggire.
Germain (Fabrice Luchini) è un professore di letteratura ormai abitudinario che rimane colpito da uno scritto del suo studente Claude (Ernst Umhauer) tanto da spingerlo a frequentare sempre di più la casa di un suo altro alunno, ambiente dal quale Claude trae ispirazione.
Il “gioco” si fa sempre più impervio, la stessa posizione di Germain viene messa pubblicamente in difficoltà, ma Claude riuscirà ad insinuarsi anche oltre.
Sempre bulimico, Francois Ozon, per lui quasi un film all’anno, questa volta pesca il bersaglio grosso e lo fa con estrema disarmante naturalezza, la quale però denota anche una capacità che spazia dal puro utilizzo dello strumento filmico ad una correlazione con la narrativa che in questo diventa vero e proprio apice di pregio.
Così, come succede a Germain, lo spettatore rimane rapito dalle righe, dalle fantasie così come dalle vicissitudini, del giovane Claude che si tramutano in immagini tutte da decifrare e sempre pronte a scavallare un ulteriore step facendo anche "a polpette" i generi.
Questo avviene tra finzione e realtà, per una passione cinefila e letteraria così come per Germain, anche per chi segue vige sempre la curiosità di leggere/vedere la pagina successiva che può essere anche modificata e rivissuta, appunto perché i confini non contano.
In questo modo, diventa quasi una “malattia” che si condivide con Germain e con il giovane manipolatore ed il loro rapporto è incalcolabile, così come i frutti che genera.
Brillante il contributo degli interpreti; Fabrice Luchini ha una classe infinita e soprattutto uno sguardo capace di ogni cosa, il giovane Ernst Umhauer pare un talento in erba, ma nel suo caso influisce molto una guida in stato di grazia (per cui sul suo futuro ne riparleremo poi, si spera), Emmanuelle Seigner è nuovamente musa senza tempo e frutto del desiderio (come da sempre lo è per il “suo” Roman Polanski), ma anche Kristin Scott Thomas non scherza e Francois Ozon dona anche a lei il suo momento di gloria.
Al regista non manca mai l’iniziativa, riesce sempre a fare un passo “oltre”, coccola e muove continuamente i suoi personaggi e come ciliegina sulla torta suggella il tutto con un finale aperto al momento, con uno sguardo ampio che anche ancorato da una panchina verso un condominio si apre a mille altre infinite possibile storie.
Opera quindi da non lasciarsi sfuggire, si può scrivere,e di conseguenza rappresentare al cinema, di tutto quando si posseggono la fantasia e l’ardore (oltre ovviamente il talento come base).
E questo film le ha entrambe.
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