Regia di François Ozon vedi scheda film
Francois Ozon ama i giochi ad incastro, le storie che scavano all’interno di vite familiari apparentemente cristalline, estraendone tendenze, vizi e morbosità che fanno dello spettatore il principale voyeur, complice suo malgrado, ma non per questo reticente, scandalizzato o scandalizzabile (se così fosse questi rifuggerebbe e di fatto rifugge questo brillante e colto cineasta e tutto il suo cinema); insomma con Ozon il pubblico e' spesso reso complice e confidente del protagonista, il solo insieme a quest'ultimo a comprendere dall'inizio le congetture ordite dal filo conduttore della vicenda. Qui troviamo il rigoroso e distaccato professore di francese Germain (il solito bravissimo e agitatissimo Fabrice Luchini), mentre corregge annoiato e deluso i lavori spesso mediocri scritti dagli alunni di una delle sue classi (tema: racconta un tuo fine settimana) presso un rigoroso liceo con idee conservatrici e innovative al contempo (tra le altre iniziative ha recentemente reintrodotto l'utilizzo della divisa da parte degli scolari, per assicurare pari dignita' e trattamento ad alunni di differenti classi sociali ed etnie). In quella occasione si imbatte in un racconto interessante e scritto molto bene da un alunno taciturno e riservato di nome Claude. Un tema che si conclude con un misterioso ed inaspettato “a suivre” (a seguire), circostanza unica fino a quel momento, che incuriosisce molto il docente, colpito ancor di piu' che da quel lavoro emerge chiaramente che il ragazzo si e' introdotto nella casa di un suo amico di classe della medio/alta borghesia per spiarne tutti i piu' minuziosi e dettagliati comportamenti. Incuriosito Germain decide di parlare a Claude, e in quella circostanza il prof si vedrà consegnare un primo seguito della vicenda, in cui il ragazzo, di estrazione umile e senza la madre da anni, racconta appunto con precisione di una sua visita al compagno Rapha nella sua bella villa immersa nel parco di una verde zona residenziale. Nel diario il giovane si insinua poco a poco nell’intimità di quella famiglia borghese un po’ grossolana ma senz’altro agiata ai suoi occhi di giovane desideroso di riscatto. Intanto il professore condivide con la moglie gallerista (l'elegante ed ironica Kristin Scott Thomas) il racconto sempre più incalzante che il ragazzo trova modo di recapitare al professore, volenteroso dispensatore di consigli come il migliore dei critici e allo stesso tempo animato da un sentimento misto tra invidia e voglia di riscatto nei confronti di un giovane nel quale intravede potenzialità che egli avrebbe sempre desiderato fare sue, ma senza successo. Il romanzo prende forma, il ragazzo sostituisce sempre più la nuova famiglia alla sua, sventurata, umile e gretta, giungendo a desiderare di far sua la ancora bellissima donna di casa (una sempre splendida, giunonica e incredibilmente seducente e carnale Emmanuelle Seigner, la madre del compagno di classe che ogni studente ha sempre sognato di avere), e continuando a frequentare quella casa con la scusa di dispensare utili lezioni di matematica al compagno di classe, un po’ indietro in quella disciplina. E mentre Claude anela alla madre di Rapha, quest’ultimo indirizza sempre più la sua attrazione sessuale sul compagno, bello, angelico e perverso al tempo stesso (un Ernst Umhauer elegante, seducente e sottilmente perverso quasi quanto il Terence Stamp del "Teorema" pasoliniano). Sembra ad un certo punto di trovarsi proprio sui percorsi roventi e accidentati della celebre opera pasoliniana di fine anni Sessanta sul potere distruttivo della seduzione, salvo poi notare come l'opera viri sui binari del giallo psicologico, in un complesso gioco ad incastro che finirà per ritorcersi contro il volenteroso ingenuo professore. Il film, come spesso capita con Ozon, è teso e accattivante, morboso quanto basta quando si sofferma sui corpi giovani ed esibiti di una gioventù che da sempre e’ il punto focale dell’immaginario erotico dell’abile cineasta. Qui si torna a tratti sui percorsi ironici e torridi della sua opera d’esordio, quel "Sitcom" travolgente che ritorna alla mente soprattutto quando la vicenda si sposta, con brevi siparietti, nei pressi della bizzarra galleria d’arte gestita da una insicura Kristin Scott Thomas (la moglie del professore), alle prese con due galleriste gemelle bizzarre e imprevedibili, impersonate con una fugace ma strepitosa apparizione della “grande” e vulcanica Yolande Moreau.
E se spesso viene da pensare che il giochino, per quanto intrigante, sia un po’ un meccanismo ad incastro fine a se stesso (è un po’ il limite ricorrente in Ozon, quello di costruire congegni sofisticati ad orologeria ma un po’ troppo macchinosi) bisogna anche dare atto che, nel contesto della sua opera complessiva, tutt'altro che trascurabile,il film costituisce un ulteriore tassello importante di uno stile divenuto ormai distintivo di un percorso cinematografico d’autore fitto e certamente originale ed ardito.
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