Regia di Franck Khalfoun vedi scheda film
Restauratore di manichini nel piccolo laboratorio artigiano ereditato dalla defunta madre, Frank è in realtà un ragazzo impotente e ossessionato da un lacerante complesso edipico che gira per la periferia di Los Angeles con un furgone, pedinando e uccidendo graziose fanciulle cui recide invariabilmente lo scalpo con il quale abbellisce dei fantocci che riproducono la figura materna. L'interesse di una giovane e bella fotografa sembra rappresentare per lui un'occasione di redenzione e di riscatto, ma quando questa scopre la sua vera natura...
Dal soggetto originale di Joe Spinell e dalla penna cinefila dell'autore gore-slasher Alexandre Aja ('Le colline hanno gli occhi' -2006 , 'Riflessi di paura'-2008) il misconosciuto regista Franck Khalfoun ci ripropone un remake del famoso classico di William Lusting (qui anche in veste di produttore) traslocando le location dalla Grande Mela alla Città degli Angeli ed esasperandone le ossessioni 'in soggettiva' legate alle peregrinazione metropolitane di un giovane mostro cacciatore di scalpi. Benchè il lavoro di riscrittura della storia originale paia per certi versi più coerente e credibile del suo modello di riferimento e sebbene la regia mantenga un rigore esemplare nel riproporre una visione che escluda il più possibile il soggetto principale dal campo dell'inquadratura (solo 'La ragazza del Lago' di Robert Montgomery aveva osato di più), il film di Khalfoun rivede e corregge anche gli aspetti peculiari di un climax narrativo di cupe ossessioni che facevano della singolarità fisiognomica del suo protagonista (un Frank Zito italo-americano degno di questo nome) e di un approccio naive alla messa in scena (memorabile l'esecuzione con un fucile a pallettoni del malcapitato Tom Savini ripresa tra l'altro in 'Zodiac' di David Fincher) il loro punto di forza e finendo per seguire il tracciato di una caratterizzazione psicologica 'per addetti ai lavori' che spieghi continuamente il perchè e il percome il ragazzo si sia ridotto in questo stato. Dagli umori notturni e brumosi di una New York a budgtet ridotto alle ansie metropolitane di una Los Angeles insolita e periferica che finisce per assomigliargli in modo sorprendente, in realtà il passo è breve ma l'operazione finisce per essere troppo ripetitiva e prevedibile, infarcendo la storia con le suggestioni cinefile di un espressionismo d'annata ('Il gabinetto del dottor Caligari' classico del cinema muto della Germania degli anni '20 diretto da Robert Wiene) che suggerisca sullo sfondo il tema del doppio e di una allarmante alterità psicologica ma finendo per riproporre nell'epilogo onirico-fantastico gli implacabili dettagli splatter di una nemesi da smebramento metaforico che avevano già castigato il corpo martoriato e flagellato di Joe Spinell. A volte, si sa, i maniaci ritornano.
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