Regia di Lasse Hallström vedi scheda film
Torna a casa, Lasse: Hallström, dopo anni di premiata melassa hollywoodiana (dagli esiti alterni per la nostra digestione), rientra nella natia Svezia per affrontare il genere che botteghino comanda. Ovvero il giallo poliziesco glaciale, seriosamente disperante, restituito al successo dalla Trilogia Millennium del fu Stieg Larsson e dai relativi adattamenti. Questa la trama, adattata da un romanzo di Lars Kepler (nom de plume di Alexander e Alexandra Ahndoril): un uomo viene ucciso a coltellate in una palestra; a casa della vittima un poliziotto rinviene la famiglia massacrata. L’unico sopravvissuto: il figlio adolescente. E una figlia, lontana, lontana. Sulle tracce dell’assassino un detective ossessionato dal lavoro (finlandese a Stoccolma, dunque solo) e un esperto in traumi acuti, seconda professione: ipnotista. Che è un duro lavoro, visto che l’ha coinvolto in uno scandalo. Ma qualcuno deve pur farlo. Anche a costo di mettere a repentaglio la vita della moglie e del figlio emofiliaco. L’indagine, ovviamente, riflette le tensioni nel privato. Cielo di piombo gelato, ispettore Jonna, tono affettivo da triste apocalisse quotidiana, cromatismi inerti a trattenere le emozioni, tappetino sonoro a evocarle malinconico, massima conformità alla retorica di questo genere figlio di un paesaggio (antropologico) vissuto solo con dolore. E nonostante i colpi di scena a go go, lo spettatore è sempre in grado di anticipare gli arzigogoli della narrazione. Qualcuno lo chiama intrattenimento rigoroso. È solo curata e professionale exploitation.
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