Regia di Lasse Hallström vedi scheda film
NEI CINEMA ITALIANI DALL’APRILE 2013
VISTO SU PRIME VIDEO NEL NOVEMBRE 2022
L’ipnotista scava nella mente del ragazzo per farsi rivelare la verità sul massacro della sua famiglia. Le parole sono poche e confuse, ma qualcosa trapela e l’indagine della polizia può contare su indizi altrimenti irraggiungibili. Ciò che emergerà sarà qualcosa di ancora più mostruoso di quel bagno di sangue causato da decine di coltellate inferte con rabbia cieca.
L'ipnotista - Mikael Persbrandt in una scena del film
I coniugi svedesi Alexander Ahndoril e Alexandra Coelho Ahndoril scrissero insieme e poi nel 2009 pubblicarono un giallo intitolato Hypnotisören (L'ipnotista, appunto) con lo pseudonimo di Lars Kepler, romanzo che solo in Italia ha venduto all’incirca trecentomila copie. Non sorprende, quindi, che qualcuno abbia deciso di farci un film ma che, come spesso accade, questo sia risultato assai meno apprezzabile del bestseller cartaceo.
La copertina del bestseller
L'ipnotista, di Lars Kepler
Di produzione rigorosamente svedese, la realizzazione di questa pellicola, che esaurisce nei primi dieci minuti la sua capacità di attrarre la curiosità del più ben disposto degli spettatori, fu affidata al regista scandinavo Lasse Hallström (apprezzabile Il vento del perdono, del 2005), artista capace di conquistare il gradimento di critica e pubblico con film il cui valore complessivo negli ultimi ventuno anni, in media, si attesta al massimo sulla sufficienza ma che, va detto, vive probabilmente di rendita dal lontano 1999, anno in cui il suo Le regole della casa del sidro si guadagnò la vittoria di due Oscar più altre cinque nomination e poi dal 2000, quando fu consacrato da Chocolat (ben cinque nomination dell’Academy of Motion Picture Arts and Sciences nel 2021 e che al cinema incassò circa centocinquanta milioni di dollari).
L'ipnotista - Manifesto coi volti dei tre protagonisti
Nel riadattare la novella dei coniugi Ahndoril, il cineasta di Stoccolma non fa altro che confermare il crollo della sua aspirazione artistica. A cominciare dal titolo che, appunto, dovrebbe fare dell’ipnosi l’ingrediente preponderante della ricetta filmica e che invece rimane componente marginale, sovrastata da una ricerca spasmodica quanto impacciata di colpi di scena a ripetizione, con l’unico risultato di rendere banale, probabilmente, il pathos di cui è portatore il libro e di far sembrare alquanto improbabili le evoluzioni della vicenda contenute in una trama da giallo.
L'ipnotista - In primo piano Tobias Zilliacus
Gli attori chiamati ad animare la storia non aiutano a elevarne la godibilità, a cominciare dal protagonista, l’ipnotista appunto, personaggio spento e poco empatico, impersonato dal controverso attore Mikael Persbrandt (alcuni problemi con la giustizia svedese dovuti al consumo di cocaina), visto anche in La battaglia di Jadotville (2016). Ne esce maluccio anche Lena Olin (candidata all’Oscar nel 1990 per la prova in Nemici, una storia d'amore) nei panni della moglie del protagonista e ancor più male il finlandese (ma di lingua svedese) Tobias Zilliacus, commissario di polizia impersonale e quindi mai in grado di stimolare immedesimazione da parte dello spettatore.
L'ipnotista - Lena Olin in una scena del film
C’è una forza esterna che guida le gesta di un misterioso omicida che ha anche rapito un ragazzo emofiliaco, bisognoso di cure per non morire di emorragia. La polizia non sa che pesci pigliare e si affida a un’ipnotista depresso e imbottito di psicofarmaci per trovare il bandolo della matassa. Da evitare. Voto 3,4.
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