Regia di Dustin Hoffman vedi scheda film
A Beecham House, casa di riposo inglese per musicisti in pensione, l'arrivo della star Jean Horton (una superlativa Maggie Smith) mette tutti in subbuglio: vecchi rancori, antiche gelosie, amori interrotti rigurgitano nelle menti di molti. Il direttore artistico bonariamente tirannico (Gambon) sta organizzando un galà in onore di Verdi e il quartetto vocale che anni addietro furoreggiò portando il Rigoletto a uno strepitoso successo ha enormi difficoltà a ricomporsi: alla diva riottosa si dovrebbero unire il suo ex marito (Courtenay), un'amabile soprano svampita (Collins) e un simpaticissimo sessuomane, tanto incontinente quanto incontenibile (un Billy Connoly che è il vero mattatore del film). La loro presenza garantirebbe un tale afflusso di spettatori e sovvenzionatori da scongiurare l'ipotesi di chiusura della casa di riposo.
A 75 anni Dustin Hoffman passa per la prima volta dietro la macchina da presa girando una commedia deliziosa, gustosissima e curata fin dalle battute di testa, tratta dall'opera teatrale omonima di Ronald Harwood. È un tale tripudio di battute che sembra di assistere a una commedia di Neil Simon in salsa british, con attori tutti perfettamente in parte (che, scuola, quella inglese!) e una visione della terza età che riesce a non inciampare mai nella retorica buonista stile Cocoon e che, pur non dissimulando tutti i malanni, i toni malmostosi e le malinconie della vecchiaia, mantiene un registro costantemente spumeggiante, ilare, ancora abbastanza aperto alla vita da poter imparare a ottant'anni cos'è il rap e fare progetti di matrimonio.
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