Regia di John Krokidas vedi scheda film
Sbamm. Sbamm. Sbamm. Sbamm. No, non siamo impazziti. Semplicemente, durante la visione dell’opera prima di Krokidas, registriamo i rumori dei pugni sferrati da Allen Ginsberg, William S. Burroughs e Jack Kerouac mentre si rivoltano nella tomba. Ridotti a giovincelli universitari trasgressivi e un po’ idioti, buoni forse per Dawson’s Creek, i tre futuri alfieri della beat generation vivono il fermento dei primi attimi creativi, l’ebollizione sovversiva data dall’elaborazione di una forma espressiva letteraria (la new vision) che rompa le convenzioni e le forme tradizionali. Ma nel film tale rottura non c’è, imbrigliata e imbalsamata in un piattume espressivo che potrebbe essere accettabile soltanto se ci si trovasse di fronte a un college movie con nomi finzionali. Manca la carica eversiva che faccia da contrappunto ai contenuti, manca un’interpretazione degna di questo nome (salviamo Foster nei panni di Burroughs, soprassediamo su “Potter” Radcliffe e “Dexter” Hall), manca soprattutto una strutturazione dei protagonisti che renda credibile l’escalation drammatica destinata a culminare nell’omicidio del mentore David Kammerer da parte dell’amico, amante e fondatore della new vision Lucien Carr. Così droghe, omosessualità e omicidi diventano giochini per studenti, restituiti con simbolismi a buon mercato (montaggi associativi con penetrazioni di siringa/pene/coltello) da un’opera incapace di comprendere persino l’oggetto di cui tratta. E di lasciare che i miti riposino in pace.
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