Regia di Francesca Muci vedi scheda film
A volte mi piace affrontare film “alla cieca”: pellicole che ti trovi davanti senza saperne nulla; provare l’ebbrezza di affrontare una storia di cui non sai e non vuoi sapere nulla prima di vedertela scorrere innanzi con gli occhi famelici dello spettatore curioso. “L’amore è imperfetto” gode in questi giorni di una insolita distribuzione capillare pure qui nel dimenticato (non solo cinematograficamente) Ponente ligure, quando altre pellicole italiane, che personalmente considero più interessanti anche se magari non riuscite o controverse come è stato riconosciuto pressoché unanimemente da stampa e pubblico festivaliero romano (e mi riferisco certamente a “E la chiamano estate”, distribuito in tutta fretta nei centri maggiori e già “desaparecido”) non riescono nemmeno ad arrivare per una distratta programmazione “monoserale”.
Ma a parte queste incognite, legate a chissà quali appoggi o intuizioni distributive, il film della scrittrice e regista Francesca Muci inizia con una certa disinvoltura a delineare una figura di protagonista femminile piuttosto sfaccettata ed interessante, che la mdp (e lo spettatore di conseguenza), impara a seguire su due linee temporali: quella quotidiana della bella 35enne disillusa e ironica, rassegnata - da chissà quali esperienze precedenti - ad una vita fatta di lavoro ed amicizie, ma molto meno propensa ad una storia d’amore e a sentimentali di un certo spessore; dall’altro rivediamo la stessa donna, ma più giovane di otto anni: la sua storia d’amore “imperfetto”, una scoperta dolorosa, una scelta di vita cruciale che la segnerà fino alla fine (del film). La vicenda in sé non sarebbe neanche male, se non fosse intrisa di situazioni e personaggi neanche troppo di contorno che nel migliore dei casi risultano imbarazzanti o insopportabili tanto interpretano macchiette preimpostate e viste mille volte in produzioni televisive di poche pretese intellettuali. E non basta certo la presenza indubbiamente vitale, ironica e alcune volte simpaticamente goffa di una statuaria, bellissima e sexy Anna Foglietta - che già mi era rimasta impressa in pellicole leggere e tutt’altro che indimenticabili come “Nessuno mi può giudicare” (dove riusciva peraltro a rubare la scena ad una irresistibile e debordante Paola Cortellesi) – a salvare la pellicola dalle troppe situazioni da soap melodrammatica e puerile in cui viene trascinata una sceneggiatura che tuttavia non può che essere deliberata e consapevole, essendo tratta dall’omonimo romanzo della regista. Casi come questi, numerosissimi a casa nostra (vedi i comici e le loro spesso avventate incursioni in regia) suffragano la necessità di cominciare a chiedersi seriamente se non sarebbe meglio tornare (e tutto ciò vale per molti altri campi o settori) ad una sana specializzazione delle proprie mansioni, evitando il più possibile una “tuttologia” che genera facilmente solo qualunquismi e prodotti preconfezionati usa e getta.
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