Regia di Alessandro Gassman vedi scheda film
Trasposizione cinematografica di “Roman e il suo cucciolo”, dopo averlo proposto sotto forma di spettacolo teatrale, Alessandro Gassman si fa in tre (scrittura, regia ed interpretazione), aggirandosi in lidi lontani anni luce dall’esordio (registico) divistico.
Alla fine ciò che si apprezzano di più rimangono comunque le intenzioni.
Roman (Alessandro Gassman) è un pusher rumeno violento ed aggressivo che vuole per suo figlio Nicu (Giovanni Anzaldo) un futuro diverso.
Quest’ultimo è però segnato dalla sua posizione sociale e trascorre molto tempo con un tossico “santone” che lo convincerà ad entrare in un gioco ben più grande di lui e che finirà col portare anche Roman incontro ad un destino ancora più difficile.
Fin dai titoli di testa (pulp) è manifesta la volontà di ben figurare di Alessandro Gassman con una storia alla quale evidentemente tiene e che pur avendo dei cardini consueti (rapporto saliente padre-figlio) prende in considerazione un disagio, con quella fetta di popolazione che alla ribalta ci finisce solo nelle colonne di cronaca.
Lo fa con buon piglio estetico, l’utilizzo del bianco e nero è fruttifero e dona alla pellicola una patina più autoriale, gli stessi anfratti degradati non credo che avrebbero destato lo stesso effetto qualora presentati in un modo più ordinario.
Sono comunque i rapporti interpersonali a prendere campo, non solo quello principale tra padre e figlio, che va comunque ben oltre il classico stereotipo, tra la rabbia ed un amore presentato sotto mentite spoglie, ci sono anche un’amicizia pericolosa, un’amore impossibile ed una collaborazione del malaffare.
Tutti coadivutati su di uno sviluppo concentrato sulla vita estrema da provincia degradata che comunque nella seconda parte diventa facilmente catalogabile e con un finale tanto irruento quanto rivedibile.
Ciò non toglie che Alessandro Gassman abbia voglia di fare, ma rimane comunque migliore come attore in un ruolo aggressivo e “sporco”, uomo imprigionato da una vita che nella sua segnata grettezza auspica per il figlio un futuro diverso, ma il riscatto è lontano, così come lo è una diversa “vita possibile” (titolo della canzone di Francesco Renga che si ascolta sui titoli di coda e che si fonde perfettamente col soggetto).
Interessante anche il volto di Giovanni Anzaldo (poi visto in “Il capitale umano” (2013)), non sono tanti i giovani attori italiani che possono risultare aderanti a personaggi lontani dal perbenismo.
Infine è calzante il tema musicale ricorrente creato per l’occasione da Aldo e Pivio De Scalzi.
Nel complesso trattasi più di un tentativo volonteroso che di un’opera riuscita, è comunque ragguardevole il coraggio, anzi forse un’eccessiva immersione nel progetto da parte del suo promotore finisce con l’essere anche un tallone d’achille.
Discutibile, ma non privo di qualità.
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