Regia di Alessandro Gassman vedi scheda film
Dopo averlo portato in giro per i teatri italiani, Alessandro Gassman decide di esordire alla regia cinematografica con la trasposizione di “Roman e il suo cucciolo” di Reinaldo Povod.
Adattando il dramma di questo emarginato cubano in un altrettanto dramma d’integrazione rumena ai margini della periferia romana.
Roman è un immigrato rumeno che vive nel degrado più estremo dentro una roulotte…..è analfabeta, parla un italiano imbastardito dal romanesco e il rumenesco, è di razza bastarda visto che nelle sue vene scorre sangue zingaro, è un pusher conosciuto da tutti nel quartiere anche dai genitori disperati che lo reputano responsabile dell’amaro destino dei propri figli (come si può vedere dal duro inizio che lo vede confrontarsi con una rabbiosa e irriconoscibile Nadia Rinaldi).
E forse per questo motivo che desidera una vita diversa per il suo cucciolo Nicu che lo ha allevato da solo fin da quando è nato, vuole un diploma, un lavoro onesto e una vita onesta.
La storia punta tutto su questo rapporto a due quasi carnale tra un padre che non può uscire e fuggire dalla sua animalesca dimensione e un figlio che lo ama ma che rinnega la sua cultura rumena…..una cultura che lo fa ghettizzare a scuola, una cultura che gli impedisce di vivere liberamente una storia d’amore con una coetanea, una cultura che fa della violenza la sua valvola di sfogo.
E così realtà violenta per realtà violenta il ragazzo gli preferisce uno spacciatore poeta un po’ rivoluzionario che lo fa sprofondare dentro le sabbi mobili della droga.
Per raccontare questa storia di degrado senza possibilità di redenzione, una sorta di Educazione Rumena con tanto di rapporto a doppio filo con la Madonna nera degli zingari (se vogliamo fare un parallelismo con il film di Salvatores) Gassman usa un bianco e nero diretto, che fa sembrare la periferia romana una banlieu parigina come quella de “L’odio” di Kassowitz film che è il rimando più immediato a questo.
Il ritmo è sincopato quasi a seguire gli scatti e gli sbalzi del protagonista, il linguaggio è diretto e rappresenta questo mondo violento ed emarginato.
Gassman punta tutto sull’affiatamento con il giovane protagonista Giovanni Anzaldo che è stato Nicu anche sul palcoscenico e l’alchimia tra i due è il vero punto di forza di questo film (da vedere il racconto dell’addio della madre di Nicu quando è nato per credere). Un film che parte benissimo con questa Roma, fotografata da Federico Schlatter, vista dall’alto di una terrazza ma che ha un cedimento nella fase centrale forse per troppo frenesia o carne al fuoco……risulta decisamente forzata la presenza dell’avvocato trafficone gigioneggiato da Michele Placido o il destino della prostituta con tanto di laurea in ingegneria in Romania……per poi riprendersi nel drammatico e inevitabile finale.
Un’opera prima, seppur con qualche difetto, molto sentita tanto da meritarsi una menzione alla Festa di Roma e vincere il Festival di Bari e che spero faccia uscire il talento registico del bravo Alessandro Gassman dopo il teatro anche al cinema.
Voto 7
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