Regia di Liliana Cavani vedi scheda film
CONTIENE ANTICIPAZIONI
Questo primo film-tv di una serie dedicata alle problematiche del mondo femminile contemporaneo affronta l’allarmante e sempre più diffuso fenomeno dello stalking: questa malattia sociale si manifesta attraverso parole e azioni volte al progressivo annullamento della personalità della donna, al solo scopo di umiliarla da ogni punto di vista facendola di fatto vivere in un permanente stato di terrore fisico e psichico; paradossalmente, però, chi esercita questi aberranti comportamenti sostiene che in realtà siano dettati da un amore verso il partner, quando invece è evidente che si tratta a tutti gli effetti di subdola e feroce violenza. Pur apprezzando le sacrosante intenzioni di raccontare una vicenda del genere, l’esito può dirsi solo in parte riuscito: la sceneggiatura, infatti, risulta (pur)troppo programmatica, come se volesse farci credere che soltanto in certi ambienti sociali possano maturare simili rapporti malati (a poco serve mettere una didascalia alla fine); invece, come dimostrano i numerosi, quasi quotidiani gravi fatti di cronaca (spesso amplificati e strumentalizzati dal nauseante strapotere dei mass-media), si tratta di un fenomeno trasversale. Fin dall’inizio della storia la protagonista (Antonia Liskova, davvero brava) si ritrova a subire un tentativo di ricatto sessuale da parte del padrone di casa, in cambio del mancato ma richiesto aumento dell’affitto: il peggio viene scongiurato dal provvidenziale intervento di un vicino di palazzo, docente di storia dell’arte (un Massimo Poggio più che discreto); colui che l’ha salvata si rivelerà però un carnefice ben peggiore (con un precedente episodio di violenza nei confronti di una modella tedesca). Nello sviluppo della storia, infatti, si assiste al palesarsi della vera natura del professore, un uomo (p)ossessivo e (pre)potente, incapace di amare in maniera sana (il dipinto che raffigura la madre lascia presagire un qualche complesso edipico irrisolto, ma non se ne fa menzione); tuttavia, il conseguente, tossico effetto del suo comportamento sulla vita di lei viene in parte affievolito (i soprusi avvengono quasi in maniera meccanica, forse per non calcare troppo la mano). Oltre a certi passaggi narrativi a mio parere forzati (come l'alternarsi schematico di situazioni leggere ai momenti drammatici), l’errore più grave in fase di stesura è la descrizione della rete sociale in cui si muove la coppia: manca del tutto una figura maschile positiva (per esempio il padre è defunto), o comunque - qualora presente - riproduce uno stereotipo (l’amico spiritoso di lei, il noto collega di lui); ciò lascia presupporre un quadro troppo semplicistico delle dinamiche emotive di un amore malato. Nonostante questi difetti (senza contare le inevitabili didascaliche dissolvenze, in bilico tra pudore e censura), in ultima analisi è un prodotto televisivo a suo modo coraggioso e necessario.
Rende credibile il tormento fisico e interiore a cui è sottoposta la vittima-protagonista.
Si cala in un ruolo difficile con efficacia.
Bravina nella parte dell’amica.
Simpatica nel ruolo della sorella.
Bravino nella parte dell’amico.
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