Regia di Justin Zackham vedi scheda film
«Il matrimonio è come una trappola per topi: chi è dentro vorrebbe uscirne, mentre gli altri ci girano intorno per entrare».
Ancora una volta, il lieto evento di un matrimonio è l’occasione (ritenuta) propizia per costruire una commedia corale. Senza arrivare a pretendere un nuovo Un matrimonio, era comunque sia auspicabile non scivolare completamente in un burrone, cosa che, purtroppo, avviene, trascinandosi appresso un cast da sogno (forse, più del tempo che fu, soprattutto per chi possiede una robusta memoria cinefila).
Il matrimonio tra Alejandro (Ben Barnes) e Missy (Amanda Seyfried) porta dopo tanto tempo, e in alcuni casi per la prima volta, a contatto una serie di persone. Tutto avviene dalla parte di lui, con Elle (Diane Keaton), sua madre adottiva, che rivede l’ex marito Don (Robert De Niro) e Bebe (Susan Sarandon), l’amica di un tempo con la quale Don l’ha tradita. In più, dal Sudamerica arriva la madre biologica, alla quale mancano molti pezzi della vita del figlio, accompagnata da una figlia bellissima, mentre il resto del riquadro è completato dal fratello acquisito Jared (Topher Grace), un medico affascinante e incredibilmente ancora vergine, e da sua sorella Lyla (Katherine Heigl), che si trova a un importante crocevia della sua vita.
Tutto lascia pensare che difficilmente le cose possano mantenere una piega ragionevole e felice, come l’evento sottintenderebbe.
Senza paventare particolari fantasia o capacità, Justin Zackam sceneggia e dirige un film che si perde nel mare magnum produttivo di questi anni, risaltando prima di tutto per un difetto: lo spreco.
Infatti, per com’è utilizzato, l’enorme cast sembra il classico specchio per le allodole, allestito per raggirare l’incauto spettatore. Tutto parte comunque a monte, con una sceneggiatura inevitabilmente derivativa nella successione degli eventi, che propone una gamma di caratteri impossibili (esplicitati ad esempio dalla puritana mamma sudamericana e la figlia dai facili costumi), tra scostumati e illibati, alle prese con le solite (improponibili) bugie, rivelazioni poco sorprendenti che piovono dal cielo e rancori ovviamente mai sopiti.
Questo guazzabuglio non può che andare in picchiata, peggiorando inesorabilmente minuto dopo minuto.
Giocoforza, l’attenzione non può che accasarsi sugli interpreti. Robin Williams è di nuovo prete, sei anni dopo Licenza di matrimonio, senza avere una battuta buona da lanciare, Diane Keaton procede su un andazzo poco produttivo che segue da svariati anni (con la sola eccezione di Ruth & Alex), Susan Sarandon è più spavalda ma frenata, Topher Grace si ritrova nell’imbarazzo più totale nei panni di un dottorino vergine bramato da ogni infermiera (…), mentre Ben Barnes e Amanda Seyfried non fanno altro che confermare le loro debolezze (soprattutto il primo rischia di diventare un recordman in fatto di disastri, anche commercialmente parlando). Ma le note più dolenti giungono da Robert De Niro che, al cospetto di un personaggio pessimo, sembra ormai abituato a offrire il peggio di sé, e Katherine Heigl che, per questa parte, dalla quale dovrebbero arrivare le note più forti, è stata anche nominata ai Razzie.
Ovviamente, la colpa degli interpreti è relativa, e risiede soprattutto nell’aver accettato di essere presenti, perché tutto finisce imbrigliato nei convenevoli di rito, che li trasformano in banderuole al vento, per quanto poi si potrebbero aprire svariati discorsi sui singoli, tra chi è sul viale del tramonto, chi non è ancora sbocciato (e chissà se mai ci riuscirà) e chi sembra fermo sempre allo stesso punto (poco oltre lo start).
Detto tutto questo, The big wedding rimane un film stucchevole e svuotato, che non va oltre ad alcune battute divertenti, ma ne prova talmente tante che anche per sbaglio qualcuna non poteva che andare a buon fine.
Da dimenticare, velocemente.
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