Regia di Nick Murphy vedi scheda film
Negli ultimi anni è sempre più palese come le serie tv si stiano evolvendo, mezzi, storie e interpretazioni ricordano sempre più film che appartengono alla branca del cinema anziché a quella della televisione. Basta citare solo alcuni esempi di questa (se vogliamo chiamarla così) trasformazione: "House of Cards", "Breaking Bad", "Game of Thrones" e così via. Tra di essi vi è anche "Conviction", che si era impegnata nel trattare il tema dell'essere perseguitati da un crimine. Murphy, con il suo "Blood", decide di portare, non il cinema alla televisione, ma l'esatto opposto, con i suoi pro e contro.
Non si può dunque negare che Murphy sia molto legato alla televisione, basti guardare il modo con cui viene strutturata questa sua pellicola. Essa ha un forte incipit tipico degli episodi "pilot" dei telefilm: grandi avvenimenti con una svelta presentazione dei personaggi. Dopodiché vi è lo sviluppo relativo agli eventi trattati e un finale che sembra non giungere mai.
Il primo quarto è infatti un vero colpo allo stomaco, dove l'apparente mostro si trasforma in vittima innocente, e i portatori di legge in dei brutali assassini. Un vero colpo allo stomaco dove le parole di una povera madre preoccupata, rendono straziante la visione. Purtroppo il ritmo sostenuto della prima metà del film, dove un gesto brutale e un rimorso non indifferente colpiscono forte, la pellicola lentamente perde presa sul pubblico, dilungandosi eccessivamente su un pentimento che è già stato sufficientemente trattato. Assente da sviluppi, se non nel finale, diventa tedioso seguire le vicende e i piagnistei dei due fratelli fino a quel finale, purtroppo, sbrigativo e sconclusionato.
Murphy ringrazia Fincher, assumendo quello stile di fredda analisi e dimensione visiva tipico del regista. E' inoltre interessante come i due fratelli seguano passo, passo le orme dei due ragazzini: due omicidi strettamente correlati, sia per esecuzione che per turbamento. Il tentativo di spaventare la vittima, l'assassinio non premeditato ma quasi involontario, il tentativo di nascondere il tutto, il terribile rimorso. Due omicidi, che nonostante i differenti carnefici sono uno il riflesso dell'altro.
Peccato che per mostrare simili metafore e atti vi sia una regia ancora acerba, fissa, spesso insicura, la quale tenta di creare immagini di una certa estetica, ma appaiono come tentativi che sanno di già visto o non riescono a convincere. Per fortuna c'è la fotografia di George Richmond che dà alle riprese un punto in più: i suoi freddi colori, quel pallore continuo che permea la pellicola e riflette lo stato d'animo dei protagonisti è perfetta, la ripresa su quell'isola colpita incessamente dal vento, che nonostante tutto non riesce a far volare via quel rimorso e quel terribile atto. Paiono quadri, tanto è la bellezza che trasudano quei gelidi paesaggi. Uno stato d'animo malinconico affligge questi pallidi (per l'appunto) personaggi, che grazie ad un cast "all british" sono anche ben interpretati. Paul Bettany duro fuori, ma fragile al suo interno, Mark Strong freddo e calcolatore, senza pietà nel far sì che la giustizia faccia il suo corso, Brian Cox il quale grazie alle sole espressioni rammaricate e ad una tonalità di voce che passa in un attimo dal triste allo sguaiato, dà un'ottima rappresentazione del malato d'alzhaimer. Su tutti però vi è Stephen Graham, i suoi pianti di dolore e gli angosciosi sguardi valgono più di mille parole, colpendo anche lo spettatore più irremovibile. Peccato per le sceneggiature, con così buoni attori si sperava in un copione più innovativo, mentre ci troviamo dinanzi le solite frasi, i soliti cliché che caratterizzano il cinema poliziesco fin dai suoi albori. Non necessariamente un male, ma nella seconda metà esse lasciano posto a inutili fronzoli su quel dramma già scrutato a fondo per nulla necessari che appesantiscono la visione.
Ci troviamo di fronte un film che nella prima metà colpisce nel profondo grazie ad una drammaticità ben eseguita, ma che nella seconda metà va a perdersi continuando a navigare su quel senso di colpa (troppo) trattato, finendo per terminare malamente e frettolosamente, senza buone basi su sceneggiatura e regia. Una visione la merita comunque, grazie al fenomenale cast e alle emozioni che pochi altri film sanno dare così energicamente.
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