Regia di Ron Howard vedi scheda film
Ho sempre pensato che la Formula 1 sia lo sport più noioso e visivamente inutile di ogni altro. Che i piloti, di tale competizione, siano solo matti che sfidano la morte solo per l’ebbrezza di un momento. Ho sempre saputo che Niki Lauda è il più grande pilota vivente mai esistito, ma gli ho sempre puntato il dito contro, pensandolo il solo responsabile, almeno a livello morale, dell’incidente che aveva subito, e lo giudicavo, dicendo che se non fosse stato matto, come la maggior parte dei piloti di cui sopra, avrebbe potuto fare un altro lavoro e forse non si sarebbe bruciato mezza faccia. Poi ho visto “Rush” e tutto è cambiato. L’attento e meticoloso lavoro di Ron Howard mi ha permesso di entrare dietro le quinte, non solo dello sport in se, ma anche delle vite di quei pazzi uomini che spingono l’acceleratore, non solo per follia ma anche per passione. Ho scoperto che James Hunt era un figo, più figo dello stesso Chris Hemsworth che lo interpreta in modo convincente, e che è stato campione dopo Lauda e anche prima, ma solo perché si è messo di mezzo il destino e la paura di non vivere il futuro. Ho scoperto che Niki Lauda era ricco già prima di diventarlo, che è una leggenda perché merita di esserlo, cha ha sfidato la vita più di quanto abbia sfidato la morte. Io che odiavo la Formula 1, ora la guarderò con occhi diversi, grazie a Ron Howard che è riuscito a mettere in mostra il lato più oscuro, perché intrinseco, di uno sport incompreso ma affascinante se visto con la passione virale di chi si siede al volante e sfreccia su circuiti uguali ma sempre diversi. Perché prima di essere un’attitudine, la Formula 1 è esaltazione della follia, di quella follia che ammala ma non contagia, che rende grandi e a volte uccide, ma resta negli occhi, anche dopo anni, anche quando i capelli, di quell’uomo dal volto sempre riconoscibile, che ora è un mito anche per me, sotto il cappello rosso diventano bianchi.
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