Regia di Ron Howard vedi scheda film
Campionato del mondo di Formula Uno 1976. L’austriaco Niki Lauda è il campione del mondo in carica su Ferrari, suo compagno di scuderia è lo svizzero Clay Regazzoni. Ad impensierire il pilota di Maranello saranno le Tyrrell a sei ruote di Scheckter e Depailler, e soprattutto l’inglese James Hunt, estroso pilota della McLaren subentrato proprio l’anno al pluricampione brasiliano Fittipaldi. Lauda e Hunt si erano conosciuti in Formula 3 ai loro rispettivi esordi nelle corse. Lauda era il rampollo di una famiglia di banchieri viennesi che scelse un mestiere “per playboy, per spericolati”, gli disse il padre. Eppure lui portò la sua meticolosità, intelligenza e bravura al servizio delle macchine. Hunt era un londinese amante della bella vita e del binomio donne e motori…Quel 1976 entrò negli annali per due fatti principalmente: l’incidente che quasi costò la vita all’austriaco e la vittoria sul filo di lana dell’inglese per il ritiro del rivale. Lo sceneggiatore Peter Morgan e il regista Ron Howard si sono appassionati alla materia e hanno tratto RUSH. L’ottanta per cento di ciò che vediamo è verosimile ma molte scene sfiorano il ridicolo come gli italiani macchiette che avvicinano Lauda mentre l’auto della sua futura moglie è in panne, i cazzotti rifilati da Hunt al giornalista impertinente nella conferenza stampa di rientro alle gare di Lauda. Quest’ultimo è diventato una figura leggendaria perché - dopo essere rimasto orrendamente sfigurato in seguito all’incendio della monoposto nel circuito di Nurburgring il primo agosto in Germania – ha recuperato in sole sei settimane non, come enfatizza il film, per l’odio verso Hunt che gli recuperò punti, ma perché è sempre stato un uomo e un pilota determinato e vincente. Sotto la pioggia del Giappone decise di ritirarsi per le cattive condizioni di visibilità, altrimenti Hunt (giunto terzo) non avrebbe mai vinto. Su questa disfida, su questi caratteri opposti Hollywood ci ha imbastito un’opera carica di adrenalina, di belle scene d’azione a quattro ruote in cui ogni dettaglio viene pompato e finalizzato allo spettacolo. Hunt che sfotte il crucco, il topolino Lauda e poi si pente, l’umanità dopo l’incidente all’avversario, i dialoghi posticci nel prefinale sanno di scene di raccordo stucchevoli, irritanti. Il finale non poteva che essere edificante e viene salvato dalle immagini e dai veri volti dei due protagonisti assurti a eroi. D’accordo Daniel Bruhl è mimetico e (condannati dal doppiaggio italiano) attendiamo la versione originale per apprezzarlo appieno, ma Lauda ha decisamente molto più carisma e persino simpatia di lui. Il granitico Chris Hemsworth lascia a desiderare, il vero James Hunt era un guascone con un bel volto espressivo da attore, al contrario del presunto interprete australiano. Pierfrancesco Favino ha poche pose e battute nei panni di Regazzoni, anche la sua era una biografia da film. Per il resto meglio vedersi un documentario di Autosprint sull’argomento.
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