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Il mondo di Arthur Newman

Regia di Dante Ariola vedi scheda film

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La recensione su Il mondo di Arthur Newman

di miss brown
4 stelle

“Porca miseria, esce giovedì prossimo. Devo decidermi a scrivere qualcosa su quella roba”. Non sembra promettente, vero? Invece era un film molto promettente, almeno sulla carta. La scelta del cast per cominciare: i protagonisti sono Colin Firth e Emily Blunt, due fra i migliori attori inglesi e sicuramente personaggi affascinanti e molto glamour - chiamati però curiosamente ad interpretare due americani, col gran lavoro che deve aver comportato quanto a lezioni di dizione; e c'è una supporter di lusso come Anne Heche. Poi il regista, il newyorkese Dante Vincent Ariola, quarantenne debuttante nel lungometraggio, sconosciuto ai più solo perché finora si è dedicato alla pubblicità, girando una miriade di spot memorabili e premiatissimi per Nike, CocaCola, Sony ecc. Infine una solida sceneggiatrice “classica” come Becky Johnson (candidata all'Oscar per IL PRINCIPE DELLE MAREE e autrice di SETTE ANNI IN TIBET) che nei primi anni '90 ha scritto questo copione rimasto fin'ora in un cassetto. E c'è una buona ragione: è una storia strampalata, un inverosimile road-movie in bilico fra IL FU MATTIA PASCAL e FERRO 3.
Wallace Avery si sente un fallito, e lo è: divorziato, ha un pessimo rapporto con la ex-moglie e un figlio che non gli vuole nemmeno più parlare. Ha una relazione che da tempo si trascina stancamente e anche sul lavoro è frustrato e non ha più soddisfazioni. Gli è rimasto il golf, quello potrebbe essere una via per cominciare daccapo: era stato a tanto così da diventare professionista, ma la sua perenne, inesorabile insicurezza l'aveva bloccato per l'ennesima volta. Nel corso di una partitella conosce un tizio che gli propone, quando vuole, di diventare istruttore al Golf Club di cui è proprietario a Terre Haute nell'Indiana. Wallace gli stringe la mano e per chissà quale ragione gli dà un nome falso, Arthur Newman. 

A un certo punto Wallace non ce la fa proprio più, inscena la propria morte lasciando su una spiaggia borsa, scarpe e orologio, e parte su una fiammante decapottabile verso una nuova vita col suo nuovo nome. Per strada dà un passaggio a Michaela Fitzgerald detta Mike: bella, spregiudicata, di professione ladra d'identità e truffatrice telematica, che ci mette 5 minuti a scoprire il suo imbroglio. La strana coppia attraversa così l'America prendendo, la prima volta per caso, poi volontariamente, una strana abitudine. Entrano in case momentaneamente disabitate, indossano gli abiti degli inquilini, gli svuotano frigo e mobile bar (ed eventuali scorte d'erba), fanno sesso nei loro letti e se ne vanno senza portar via niente, se non piccoli souvenir di valore simbolico.


Per quanto stramba la storia avrebbe forse potuto funzionare con registi più esperti: allegra e giovanilistica in mano a Ficarra e Requa ad esempio, o virata più sul versante farsesco con Apatow, o deliziosamente classica e leggera affidata al veterano Rob Reiner. Qui invece siamo di fronte ad un pubblicitario con palese senso di inferiorità verso i “veri” registi - chissà quante volte se l'è sentito rimproverare - che decide di rinnegare anche i pregi della sua carriera precedente (la fantasia, il senso del ritmo e dei colori), imbocca la strada della commedia romantica e toppa clamorosamente. Ariola abusa della pazienza degli spettatori con riprese artificiosamente studiate e inutilmente “artistiche”, superflui ralenti, fermi macchina di 20-30 secondi ad inquadrare una porta, un sasso, un albero (non sei De Oliveira, tesoro!) e soprattutto un ritmo dei dialoghi a dir poco letargico: avrebbe certo giovato al film se lo stesso copione fosse stato recitato pari pari in un'ora e mezza anziché in due ore. La scelta dei protagonisti si è purtroppo rivelata squilibrata: l'altrove tagliente e affascinante Colin Firth appare imbolsito e dimostra più dei suoi 52 anni, proprio un tipico maschio in crisi da andropausa. E' forte perciò il contrasto con la vivace Emily Blunt, in una fastidiosa apparenza di padre/figlia, dove la figlia è molto più scafata dell'imbranatissimo padre. Una burrosa e insolitamente remissiva Anne Heche (l'amante) è sprecata in una parte minuscola. Ed è insopportabile il finale moraleggiante. Non mi aspettavo certo un novello ACCADDE UNA NOTTE, ma stavolta ho davvero rischiato di addormentarmi.

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