Regia di Robert Redford vedi scheda film
Il pregio principale del film è di aver chiamato a raccolta un cast di prim'ordine al servigio del collega e amico Redford, interprete principale e regista della pellicola. Il padre del Sundance resta vincolato fedelmente a un vecchio discorso politico, a ideali, valori e questioni (talvolta, come in questo caso, irrisolti) della generazione che ha vissuto in gioventù gli anni tra i sessanta e i settanta. Una buona prova d'insieme che non riesce però mai ad appassionare realmente e a sollevarsi con convinzione dalla confezione accademica. La vicenda si segue con discreto interesse, porta in scena un discorso morale un po' scontato, è prevedibile negli sviluppi legati ai rapporti tra i protagonisti e viaggia con leggero inbarazzo sull'onda dell'operazione nostalgia. Poca ironia, amare e vage tracce d'amarcord, un goccio di autocompiacimento (il discorso sui media è sfacciato e manicheo) per un progetto sulla carta stimolante, sviluppato e reso leggermente indigesto dalla voglia di giocare a carte scoperte sul fronte della riflessione storica e dalla smania di far quadrare il cerchio procedendo alla vecchia maniera. Datato.
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