Regia di Robert Redford vedi scheda film
The company you keep, the company you don't need. Niente di nuovo all'orizzonte, verrebbe da dire. Robert Redford cura la regia di un thriller medio di cui sceglie di essere anche protagonista. Partendo da un presupposto interessante e quasi inedito al cinema, Redford ci racconta di un ex terrorista redento che vive per 30 anni sotto falsa identità e che improvvisamente si ritrova sotto l'occhio del ciclone per dimostrare la propria innocenza.
Costruito in maniera lineare e senza eser capace di trasmettere tensione allo spettatore, The Company You Keep procede rispettando la più banale delle regole: stimolo/risposta, causa/effetto. Come per i principi fisici di Newton, ad ogni azione corrisponde una reazione uguale e contraria. Peccato, però, che la storia non stia in piedi da sola e abbia bisogna di avvolgersi su se stessa per tentare di trovare una spiegazione che non arriverà mai al pubblico. La sensazione di inconcludenza, di opera riuscita a metà, non lascia la mente neanche quando nel classico happy end il protagonista Jim Grant/Nick Sloan prova (fuori schermo) la propria innocenza.
Tutto parte dall'arresto di Sharon Solarz, ex membro dei Weathermen, manifestanti antibellici durante la guerra in Vietnam. Una volta braccata dopo trent'anni di tranquilla vita familiare, la Solarz è accusata di aver fatto parte di un commando che, durante una rapina in banca, ha ucciso una guardia di sicurezza. Latitante da quel momento, la Solarz condivide la responsabilità del delitto con Mimi Laurie e Nick Sloan. Le indagini di un giornalista di un piccolo quotidiano portano alla scoperta che Nick Sloan non è altro che Jim Grant, l'avvocato che ha declinato la difesa della stessa Sharon. Da quel momento, come da manuale, inizia la lunga fuga di Nick che, con la complicità di vecchi compagni, si mette sulle tracce di Mimi Laurie, con cui in passato ha anche avuto una relazione e una figlia.
Per quale motivo la sola parola di Mimi Laurie debba scagionarlo non viene mai detto allo spettatore, lasciando presagire che anche Sharon Solarz confermi la testimonianza della Laurie (ma quanto è ad esempio credibile la difesa di un'ex fidanzata e madre di una tua figlia?). Parallelamente, il reporter continua le sue indagini private e ancor prima dell'Fbi arriva a decifrare i movimenti di Sloan, raggiungendolo nel luogo in cui questi incontra Mimi.
Se ci si aspettano inseguimenti mozzafiato, sparatorie, interrogatori al cardiopalma o confronti in cui si scontrano psicologie e caratteri, si rimane delusi. The Company You Keep procede piatto come l'elettrocardiogramma di un cadavere. Vorrebbe essere celebrale ma rimane a uno stato verboso limitandosi a seguire i cliché del genere: giornalisti investigatori, giro di informatori corrotti, agenti dell'Fbi incapaci di fare il loro lavoro e un protagonista eroe assolto senza neanche sapere perché e come. O, meglio, fidandoci solo ed esclusivamente del suo punto di vista e della sua presa di coscienza.
Mirando a I tre giorni del condor, si ha l'impressione che Redford abbia perso di mano il progetto a metà, lasciandosi travolgere dalle proprie ambizioni "impegnate" e da una sceneggiatura con molti buchi. Discutibili la tesi secondo cui è quasi normale che "alla violenza si risponde con la violenza" e la connotazione dell'ennesimo giornalista che, preso da scrupolo, rinuncia alla ricostruzione dei fatti.
Voto: 5.5
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