Regia di David Barrett vedi scheda film
Testimone di un duplice omicidio, il giovane vigile del fuoco Jeremy, viene invitato a collaborare con la giustizia e, per questo, affidato successivamente al programma di ”protezione testimoni”. Purtroppo Jeremy però ha testimoniato contro un pezzo grosso, che prova a scovarlo dappertutto, tanto che induce il testimone a prendere una drastica decisione… Se dieci anni fa avessimo letto questa trama, scorgendo nella locandina il nome altisonante di Bruce Willis, avremmo quasi automaticamente associato quest’ultimo alla figura del fireman vendicativo. Invece no. Il tempo passa e sul viso monocorde di Willis i segni si vedono eccome; per cui, quando dopo 10 minuti di visione questi appare sullo schermo (con barba canuta e rughe agli angoli degli occhi) nel (solito) ruolo del vecchio poliziotto incazzato, è quasi automatico abbandonare l’idea che il belloccio muscoloso protagonista possa essere l’ex John McClaine. Willis, che conferma anche in vecchiaia di avere una ed una sola espressione, lascia il passo (e la maggior parte delle pose) all’emergente, e bravo, Josh Duhamel (veterano della saga dei “Transformers”). Il ragazzo ha stoffa. Regge benissimo il personaggio e, pur non incrociandosi quasi mai nella stessa inquadratura con il credibilissimo Vincent D’Onofrio (al solito mostruoso!), gli tiene testa senza grossi patemi. Nel cast anche Rosario Dawson, anch’essa, come Bruce Willis, sfruttata meno del pensabile. La regia di questa sceneggiatura avvincente ed originale è affidata a David Barret, veterano delle serie TV (Nikita, Cold case, Smallville), il quale non riesce a celare la sua “formazione televisiva“, in particolare nelle scene d’azione, pur tuttavia non demeritando complessivamente, tenendo sempre alto il pathos. Il tutto nonostante il montaggio non lo aiuti. Del film colpisce certamente l’inverosimile caratterizzazione del protagonista, tanto che ci si chiede quale sia stato l’addestramento che abbia subito da parte del Marshall (nonché fidanzata) Talia in pochissime settimane; il tutto perché, tanto per intenderci, nemmeno se avesse imparato a memoria “L’arte della guerra” e visto tutti i film di Chuck Norris e Charles Bronson, il mite pompiere di provincia si sarebbe potuto tramutare in un novello Rambo, sterminatore dal sangue gelido, esperto di agguati, esecuzioni, salvataggi. Il finale è mozzato e, a differenza dell’andamento della pellicola, piuttosto prevedibile, ma l’operazione non dispiace nel complesso, grazie ad una confezione estetica godibile, adattissima ad un pubblico che sacrifica volentieri la credibilità della sceneggiatura per avere gragnuole di proiettili. Tanto che è lecito chiedersi: non è proprio possibile averle entrambe?
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