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Fire with Fire

Regia di David Barrett vedi scheda film

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alan smithee

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La recensione su Fire with Fire

di alan smithee
4 stelle

Ormai non può più bastare che un film sia girato bene per poter ambire ad un meritato plauso da parte della critica ufficiale e ad una positiva valutazione da parte di noi spettatori. Ormai un prodotto di uno Studio hollywoodiano, frutto di budgets anche solo medi, ma forte di mezzi sempre più sofisticati di ripresa e di regia, di locations e strutture più che organizzate e collaudate, non può che presentarsi esteriormente con una scorza di buona fattura: di conseguenza una valida tecnica e resa di regia non può più solo essere un metro di valutazione esauriente a giudicare la riuscita o meno del lavoro. "Fire with fire" è un thriller che sa dosare con una certa disinvoltura ritmo e suspence, delinearci un cattivo coi fiocchi, l'ennesimo appannaggio di una carriera, quella del "gigantesco" malvagio per eccellenza reso con consueta perfida destrezza da Vincent D'Onofrio che mosse i suoi primi già pesanti passi col "Palla di lardo" kubrickiano; un film che riesce quasi a stupirci con piccoli importanti particolari come la freddezza con cui un killer elimina a sangue freddo un suo amico collega quando si accorge che non c'e' più nulla da fare per salvarlo e gli chiede brutalmente se per morire preferisce la luce accesa o l'oscurità nella quale sta per addentrarsi senza più rimedio; un film le cui belle scene di sparatorie sono strutturate e fatte vivere a noi spettatori nella soggettiva saettante dei proiettili che si scambiano poliziotto e assassino, come in un violentissimo match point tennistico senza esclusione di colpi.
Dunque un film riuscito? Niente affatto, tutt'altro purtroppo. Quello che proprio non va, in questo e in moltissimi altri prodotti, è la reale incapacità di saper al giorno d'oggi scrivere un copione che possa avere un capo e una coda senza per forza essere costruito a tavolino e dover quadrare poi matematicamente con un finale posticcio e pericolosamente prevedibile o annunciato. Senza voler fare rivelazioni o spoiler a danno dei prossimi spettatori che accederanno alle proiezioni, mi domando se è plausibile che nel raccontare le vicissitudini drammatiche e concitate di un valoroso vigile del fuoco, costretto a cambiare vita e perdere la propria identità perchè coinvolto in una sparatoria e testimone d'accusa contro un potente boss psicopatico, si debba poi per forza condurre il film a risolversi in un plateale incendio, territorio in cui il nostro eroe dimostrerà tutto il suo valore liberandosi di tutti i suoi problemi.
Certo che non è plausibile, né tantomeno accettabile, e il film in tal modo dimostra tutto il suo fiato corto, quello di un prodotto costruito a tavolino e scritto senza criterio col solo intento di appagare i gusti superficiali di un pubblico che sarebbe invece bene affinasse le sue scelte e i suoi gusti pretendendo un po' più di logica narrativa e di coerenza. Più sostanza, più profondità di scrittura e meno forma fine a se stessa. In tutta questa piatta prevedibilità di concatenamenti stabiliti con strategico azzardo, un Bruce Willis ormai inevitabile come il prezzemolo, poliziotto fotocopia di mille altri suoi ruoli simili, non aiuta granché a rendere stimolante il sapore di un piatto precotto e standardizzato a cui non resta che puntare sull'aspetto esteriore e su qualche trovatina anche accattivante ma di pura superficie.

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