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Il cacciatore di donne

Regia di Scott Walker vedi scheda film

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alan smithee

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La recensione su Il cacciatore di donne

di alan smithee
4 stelle

Due aspetti renderebbero l’opera prima di Scott Walker, almeno sulla carta, piuttosto interessante:  il fatto che le famigerate orribili gesta del serial killer Robert Hansen non siano frutto di una colorita fantasia di qualche abile scrittore noir, bensì una sintesi dell’agghiacciante storia di un vero omicida seriale, spietato ed imprendibile e dalle notevoli capacità mimetiche. Il secondo aspetto interessante, e piuttosto inusuale pur se non unico, è l’ambientazione nordica rappresentata in particolare dal territorio, anche qui desolatamente inospitale e davvero scarsamente fotogenico, dell’Alaska, teatro di una concitata (almeno sulla carta) caccia all’uomo da parte di un determinato poliziotto che, alla vigilia del suo trasferimento altrove con famiglia appresso, si accanisce con tutta la determinazione di cui è dotato per riuscire a venire a capo ad una scia di sangue senza precedenti. E quando dai boschi limitrofi ad una piccola cittadina sperduta tra lande ghiacciate, iniziano ad affiorare corpi martoriati delle giovani vittime di tanta furia, quanto per caso una ritrosa prostituta diciassettenne riesce miracolosamente a scappare alla furia del serial killer, ecco che la distanza che divide la rincorsa tra i due uomini, diminuisce a favore del poliziotto, consapevole tuttavia di avere le ore contate per riuscire a venire a capo della scottante sanguinosa incognita.

Si riforma dopo quasi un ventennio la coppia insolita del truzzo (ma non proprio pessimo) blockbuster Con Air, anche se stavolta le scene che vedono recitare assieme i due divi Cage/Cusack sono, per ragioni di copione, piuttosto limitate e concentrate sul finale. Il film purtroppo sfrutta male sia l’appeal dei due divi (soprattutto di uno, quello in genere sempre in parte, e tra l’altro non nuovo ad interpretare il ruolo del maniaco), che annaspano visibilmente disorientati da una sceneggiatura un po’ confusa che semina flash-back un po’ a casaccio, amalgamando come capita il filone narrativo. Decisamente più inconsueto, specialmente in relazione al ruolo abituale che le viene riservato nei film giovanili che l’hanno vista impegnata sino ad ora, e proprio per questo decisamente più interessante, risulta il personaggio della vittima superstite, affidata al corpo più maturo e “sbattuto” di una irriconoscibile Vanessa Hudgens, che per l’occasione mette da parte, nonostante il ruolo malizioso della prostituta minorenne, l’atteggiamento da lolita per sfoderare alcune non preventivabili doti drammatiche piuttosto consone alla parte, in grado di conferire una pertinente cupezza d’atmosfera al prodotto.

Tutto ciò non è sufficiente però a salvare un film che zoppica ed incespica troppo spesso, neanche minimamente raffrontabile ad un prodotto affine e contemporaneo, rappresentato dall’ottimo Prisoners del canadese Villeneuve, di prossima imminente uscita nelle nostre sale.

 

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