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Eddie: The Sleepwalking Cannibal

Regia di Boris Rodriguez vedi scheda film

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La recensione su Eddie: The Sleepwalking Cannibal

di OGM
6 stelle

Dipingi quello che senti. È il consiglio che Lars Olafssen dà ai suoi studenti. Lui, pittore danese in crisi, inattivo da ben dieci anni, si è trasferito a Lake Koda, una sperduta località del Canada, nella speranza di vedere rifiorire il proprio genio. Intanto lavora come insegnante nella locale scuola d’arte, dove tutto sarebbe troppo normale e tranquillo per stuzzicare la fantasia, se non fosse per quello strano allievo che siede nella sua classe: si tratta di Eddie, un omone visibilmente disadattato,  e privo di qualsivoglia talento, che è stato ammesso a frequentare i corsi solo perché sua zia è la principale finanziatrice dell’istituto. Quando questa, improvvisamente, muore, Lars, in conseguenza di un vincolo testamentario,si trova costretto ad accogliere Eddie, in pianta stabile, presso la propria casa. E a scoprire un’atroce verità riguardo quel bizzarro individuo. Il macabro si sposa con l’estro pittorico, un po’ come ne La casa dalle finestre che ridono. E torna in scena quell’estetica grottesca di stampo campestre del Pupi Avati di prima maniera, che qui, però, assume una veste decisamente più selvatica e low budget. Gli effetti speciali rudimentali, da fantascienza televisiva degli anni cinquanta, forniscono, a questo bozzetto sull’orrore di provincia, una sottolineatura autoironica che riesce a mantenersi immune da accenti parodistici o satirici. Questo film si fa largo, a grandi passi, in mezzo ai generi, fra dramma, commedia e thriller, e ciò avviene senza particolari accorgimenti tecnici, semplicemente seguendo le orme di quel mostro, tanto crudele quanto buffo e impacciato, che circola di notte in mutande, portando a spasso la sua assurda fame di carne umana. L’obiettivo è puntato su di lui, e sulla furia che gradualmente contagia il suo ospite, in cui ogni sua nuova impresa riaccende la fiamma della creatività. Curiosamente, i frutti di queste folgorazioni rimangono tenacemente fuori dal nostro campo visivo, lasciando che la nostra mente ne riproduca le forme ed i colori ad immagine e somiglianza dei nostri personali incubi. Il modo in cui lo spettacolo di una furia sanguinaria può tradursi sulla tela fa parte di quelle stravaganze che è bene lasciare indefinite,  confinate nel doppiofondo psichico di cui dovrebbe essere dotato ogni racconto, e che ognuno deve poter riempire a proprio piacimento. Quel piccolo spazio rimasto vuoto è un vezzo registico, ricercato, ma anche lievemente derisorio nei confronti dello spettatore, posto al centro di un’opera che, per il resto, è una beffarda miscela di déjà vu servita in salsa agrodolce. Di questo Eddie: the Sleepwalking Cannibal ci piacerà ricordare la paradossale fusione di affanno mortifero e sfogo liberatorio, in un gustoso groviglio di amore, amicizia, ideale d’artista e sordido pragmatismo, che fa, della sua modestia senza ambizione, un gradevole punto di forza ed una originale prova di virtù.

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