Regia di Yukihiko Tsutsumi vedi scheda film
Questa è la storia di un uomo ancora giovane, colpito dalla malattia che cancella la mente. Ma è soprattutto una storia d’amore. Masayuki Saeki ha meno di cinquant’anni, ed è un manager affermato, che dirige con successo una squadra di grafici pubblicitari presso un'importante agenzia di Tokyo. Ha una moglie ed una figlia adulta, prossima alle nozze e in attesa di un bimbo. Un giorno, contrariamente alle sue abitudini, salta un appuntamento di lavoro. Subito dopo comincia a dimenticare i nomi delle persone, poi anche le parole più comuni. Pensa sia l’effetto dell’affaticamento: la sua professione implica tensione e responsabilità, ed impone ritmi spesso frenetici. In realtà il suo cervello si sta ritirando. La sindrome di Alzheimer lo sta precocemente rendendo vecchio, confuso, inaffidabile, bisognoso di cure come un bambino piccolo, a cui occorre stare attenti e a cui tutto deve essere insegnato: un compito onerosissimo ed avvilente, di cui la donna della sua vita decide, senza indugi, di farsi interamente carico. Lei, che si chiama Emiko (un nome che significa “ramo da cui sbocciano i frutti”), diventa così il suo universo: tutto il resto per lui svanisce, trasformandosi in un incubo popolato da persone estranee ed ostili, ambientato in luoghi a lui sconosciuti, in cui non fa che smarrirsi. Solo lei, facendo leva sui comuni ricordi di un’esistenza trascorsa insieme, riesce a trovargli un posto nel mondo: un angolo intimo e riservato in cui Saeki può davvero sentirsi a casa, circondato dai sogni di gioventù che si sono avverati. A questi appartiene la passione per l’arte, grazie alla quale, da ragazzo, ha conosciuto Emiko: frequentavano lo stesso corso di lavorazione della creta, e si sono innamorati modellando e verniciando tazze e scodelle. Le memorie più remote si avvicinano, alla stessa velocità con cui quelle più recenti si affievoliscono. Saeki sperimenta, suo malgrado, un ritorno alle origini, che gli richiede di ricominciare tutto daccapo. Emiko lo accompagna con premurosa dolcezza in questo viaggio alla riscoperta di tutto ciò che per lui, pur avendo sempre fatto parte della sua quotidianità, è improvvisamente ridiventato nuovo. Al di fuori di quel rapporto così stretto e fondamentale, regna ovunque l’inferno: Saeki, nell’ambiente esterno, inizia presto a sentirsi perso, a convincersi di essere un intruso, un disadattato che tutti segnano a dito e guardano con stupore misto a disprezzo. Una società inquadrata e competitiva come quella del Giappone contemporaneo non può che fare da amplificatore al suo crescente senso di inadeguatezza ed impotenza. La patologia che lo ha colpito è un nemico che è impossibile combattere: non è come un concorrente a cui sottrarre un cliente o una controparte con cui giungere a patti. Saeki si ritrova inerme ed isolato: ha dovuto dare le dimissioni, non è più parte di un tutto, non funziona più come membro di un sistema produttivo. La sua identità si è svuotata: tocca alla moglie riempire quell’abisso di inutilità con una presenza umana ed affettuosa, che, attraverso il dialogo aperto e la condivisione concreta, trasmetta a Saeki l’idea di un’esistenza che va avanti, che continua a porre le sue sfide e a portare cambiamenti positivi. Saeki deve restare convinto che le cose, intorno a lui, si muovono, e grazie al suo contributo attivo: le sue mani possono dare forma e colore ad un vaso, la sua bocca pronunciare un discorso, la sua testa comprendere le istruzioni per espletare le faccende domestiche. Emiko aiuta Saeki a partecipare alla dinamica della vita, senza inutilmente remare contro un’evoluzione purtroppo irreversibile, ed assecondando invece serenamente il flusso della corrente. La ruota gira all’indietro, ed Emiko fa in modo che quello sia comunque un moto propulsivo, che fa crescere la loro unione costringendoli ad esplorare ex novo i loro rispettivi territori, a trovare, mano a mano che le condizioni al contorno si modificano, un nuovo modo di venirsi incontro ed un nuovo motivo per scegliersi. Saeki finirà per vedere in Emiko l’adolescente di tanti anni prima, Emiko, a sua volta, dovrà affrontare la difficile prova di individuare, in quell’uomo che si fa sempre più distante, un tratto familiare a cui appoggiarsi per far ripartire un discorso ripetutamente interrotto. Questo film tramuta la disperazione in un respiro vitale, che muta incessantemente prospettiva, che oscilla tra allucinazione e realtà, che scrive, cancella e riscrive, via via che il tumultuoso regresso del pensiero modifica l’inclinazione dell’asse terrestre. La regia di Yukihiko Tsutsumi è una psichedelica alternanza di lentezza e furia, di triste remissività e di lotta rabbiosa. Così come l’orologio dei sentimenti va fuori fase, così anche la percezione visiva e spaziale impazzisce, restituendoci, a tratti, in una folle altalena visiva, due immagini speculari ugualmente aberranti: quella del mondo visto da Saeki e quella di Saeki visto dal mondo. Lo scollamento tra i due punti di vista è tutt’uno con la deformazione causata dalla progressiva scomparsa della ragione. La sua fuga è vertiginosa ed inarrestabile; però, ferma al centro rimane, come unica certezza, la pace dell’accettazione. Insieme alla poetica consolazione dei fiori prima immaginati, e poi dipinti col pennello: il soave marchio a fuoco degli hana-bi, che si bruciano attraversando il cielo.
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