Regia di Rob Zombie vedi scheda film
Non penso sia possibile avvicinarsi a questo film impreparati, il rischio è quello di sottovalutarlo, o peggio di trovarlo terribilmente noioso. Viaggio lisergico, denso di sensazioni, quasi materico, attraverso un’epoca, un modo di fare cinema (gli anni ’70) e un genere (l’horror) tra i più abusati e bistrattati di sempre, Le streghe di Salem ha non poche analogie con il brano musicale che come un dannato, indimenticabile, malato mantra, domina e riempie il film. Monotono eppure ipnotico, giustamente primordiale nella sua struttura, sudicio, insinuante ed infine splendidamente grezzo all’orecchio (ma sarebbe giusto dire all’occhio) di chi ha il tempo e la voglia di prestarvi davvero attenzione. Sogno, realtà e cinema si fondono in questo viaggio nell’intima essenza dell’animo umano, così ferinamente attaccata alla propria natura primitiva, praticamente incapace di sottrarsi al richiamo del sangue, lasciandosi alle spalle il raziocinio, l’evoluzione e la civiltà, incolpevoli ed incapaci di porre resistenza al cospetto del cieco fanatismo, la morte, l’inferno e la pazzia. Pellicola di una religiosità strisciante e rovesciata, capace di immagini fortissime ed inquadrature indimenticabili, Le streghe di Salem, inizia, si sviluppa e finisce, lasciandoci addosso la spiacevole sensazione di aver visto qualcosa che non andava mostrato, così profondamente radicato in un angolo di noi, da lasciarci attoniti e subdolamente spaventati, non da ciò che abbiamo visto sullo schermo, ma da quello che ci è sembrato di afferrare, anche solo per un istante: il senso intimo ed ultimo dell’uomo, forse, del divino. Diamante grezzo con un’anima Fulciana ed anarchica, idea di cinema potentissima e dolorosa, infine grido di battaglia e di aiuto, di un passato che si riempie e ci riempie di significato, dubbi e di tanta, irrazionale, spaventosa e cinematografica follia.
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