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Any Day Now

Regia di Travis Fine vedi scheda film

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La recensione su Any Day Now

di OGM
8 stelle

Rudy e Paul sono una coppia che chiede di poter avere in affidamento il piccolo Marco. Loro sono omosessuali, e lui è un ragazzino Down. E poi siamo alla metà degli anni settanta, nel cuore della California borghese e conservatrice. Impensabile affidare un ritardato a due individui che conducono una vita deviata.  Nelle aule di un tribunale, i pregiudizi sulla diversità vengono spacciati per fatti concreti ed obiettivi. Il cattivo esempio è baciarsi tra uomini, oppure portare abiti femminili, anche se magari si tratta solo del costume da Lady Frankenstein,  indossato per festeggiare Halloween. Il male è non adeguarsi ipocritamente alla norma. Ma chi si rifiuta di guardare in faccia alla realtà, difficilmente sarà in grado di riconoscere l’amore vero, che non coincide necessariamente con quello prescritto dalle leggi biologiche. La madre di Marco è una sbandata dedita agli stupefacenti, che si accompagna al primo venuto e spesso lascia il figlio a casa da solo, oppure lo manda fuori per potersi appartare con l’amante di turno. Un giorno si fa beccare dalla polizia per questioni di droga e finisce in carcere. Rudy, che occupa l’appartamento attiguo al suo, si accorge della situazione di abbandono in cui si trova Marco, e, istintivamente, gli va incontro, lo accoglie presso di sé, cerca di soccorrerlo. Quello spontaneo slancio di affetto è però incompatibile con le procedure previste per la custodia dei minori. Il ragazzino viene preso in carico dai servizi sociali, e ricoverato presso una struttura. Ben presto ne fuggirà, per tornare da Rudy. Inizierà così una dura battaglia legale, combattuta con il valido supporto di Paul, che di professione è avvocato. Le ragioni del cuore dovranno adottare il linguaggio giuridico per fronteggiare una mentalità ancora saldamente ancorata ad un concetto della famiglia  definito dai tradizionali codici civili e religiosi. Paul perderà il lavoro, Rudy si attaccherà con maggiore forza al suo ruolo di artista alternativo, e l’unica arma in mano ai due combattenti sarà una grande, disperata voglia di cambiare il mondo. La musica interpretata da Rudy diventerà più sentita ed autentica: dopo tanti anni di spettacoli da gay bar a base di ammiccamenti, lustrini e playback, ed infiniti sogni lasciati nel cassetto, la drag queen riuscirà finalmente a diventare un cantante, un poeta che si esibisce col viso struccato, sobri abiti di scena, ed una voce potente e carica di sentimento. La verità lotta a mani nude; si spoglia, prima di iniziare la guerra, benché sappia che il vento nemico soffia freddo ed impetuoso. In quelle condizioni, basta il soffio di parole superficiali ed ingiuriose per farla soffrire. Rudy è il primo a voler uscire allo scoperto, ad esporsi volontariamente a quel disprezzo in cui il più timoroso Paul si rifiuta persino di vedere l’ombra della discriminazione. I due uomini appartengono a mondi differenti per cultura e stile di vita, ma, dopo un innamoramento a prima vista, finiranno per camminare mano nella mano lungo quel percorso tanto duro e pericoloso. Il tasto del romanticismo, su cui questo film preme con matura convinzione, è la chiave d’accesso al culto dei valori umani che non possono essere tradotti in formule scientifiche od essere oggetto di negoziazione. La loro sostanza coincide con la profondità con cui sono radicati nella coscienza, e con la solidità della fede che li sostiene. Per questo motivo sono dialetticamente deboli, e destinati a perdere ogni disputa basata sull’evidenza “cartesiana” di ciò che è condiviso dalla maggioranza. L’eccezione nulla può contro la regola logica dettata dal senso comune. Il film di Travis Fine è il racconto di una sfida tanto impossibile quanto necessaria. La storia di un discorso che andava fatto, anche se non aveva alcuna speranza di essere ascoltato. Il drammatico e sincero resoconto di un impegno personale, libero e coraggioso. Eppure tanto fragile, perché solitario, e indipendente da qualsivoglia ideologia.

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