Regia di Massimiliano Bruno vedi scheda film
Figli raccomandati, ospedali che cadono a pezzi, vecchi e nuovi cialtroni, politici corrotti e cortigiane che si spogliano. «È una vita che mi faccio un mazzo così, se lo sapevo facevo direttamente la mignotta» dice una escort. Massimiliano Bruno, al secondo film da regista con il grande vecchio Lucisano dopo Nessuno mi può giudicare e una lunga gavetta di attore e sceneggiatore, denuncia fin dal titolo la voglia di raccontare il quotidiano. Non la si butta solo in macchietta, si va oltre la vanzinata, anche se esiste il rischio di essere superati a Sinistra da una realtà spesso più grottesca delle maschere stesse. Nuovi mostri. All’onorevole piacciono le donne. Michele Placido, finto moralista vero puttaniere, sbrocca e inizia a dire tutto quello che pensa. Il tono poi però cambia. Tre fratelli, Bova, Gassman e Ambra Angiolini, qui mirabile attricetta col difetto di pronuncia, riscoprono il senso della famiglia e il piacere di guardarsi negli occhi. Il problema non sono certo gli attori, la cui vitalità e bravura riesce a tenere in pista una storia che sbanda per eccesso di passione. Semmai c’è troppo di tutto. Tanta musica, gli incisi fuori scena, il rap, il cameo di Malgioglio, Mino Reitano che canta Italia sugli scontri tra polizia e precari. Persino L’Aquila e le macerie. Si pretende non poco e si ride abbastanza, anche se spesso usando la stessa volgarità per cui ci si indigna.
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