Regia di Alessandro Genovesi vedi scheda film
“Il peggior Natale della mia vita” è veramente molto brutto, un brutto film: fatto male, concepito male, un “Mr. Bean” (che già non sopporto) all'italiana che davvero spiega poco, recitato malissimo soprattutto nella prima parte (forse dopo subentra l'assuefazione e ci si fa meno caso).
Lo sfigato Paolo (Fabio De Luigi) raggiunge la moglie (Cristina Capotondi) incinta, i suoceri e gli amici di famiglia dei suoceri in un supermega castello appartenuto alla regina Margherita, e ora residenza di Alberto Caccia (Diego abatantuomo), miglior amico del suocero (Antonio Catania) nonché capo e superiore dell'azienda (non ben precisata azienda) dove lavora.
Anche la figlia (Laura Chiatti) di Alberto Caccia è incinta (e non si capisce il perché di questa doppia figura in gravidanza... ma sorvoliamo). Tutta una serie di fatti maldestri provocati da Paolo sono, o dovrebbero essere, lo spunto per una serie di gags divertenti: lo sfondamento di una vetrina di un negozio con la macchina, una improbabile pipì fatta per caso nella pentola che contiene il tacchino ripieno per la vigilia (oddio, il tacchino ripieno fa davvero tornare in mente Mr. Bean), un fraintendimento con i dipendenti delle pompe funebri (Alex e Franz) che fanno intendere che Alberto Caccia sia morto davanti al loro negozio, la morte di un pappagallino (boh), ecco queste le scenette che mi vengono in mente... le altre forse le ho già rimosse. Tutta roba davvero debole, dei dialoghi imbarazzanti fino ad arrivare alla scena quasi finale del parto prematuro e inaspettato (ovviamente) della moglie di Paolo durante la festa di Natale, qui senza motivo sopraggiunge la voce fuori campo del protagonista che sbrodola un monologo da terza media su quanto è bello nascere e sulla magia della vita, penso che nelle intenzioni dello sceneggiatore questo doveva essere il momento “poetico” del film. Solo a Dario Argento ho perdonato questo “scivolone” di introdurre la voce fuori campo alla fine del film senza che questa fosse stata mai udita durante tutta la storia (Opera), ma a un Fabio De Luigi proprio non ci riesco, e ho cominciato a contare i minuti che mancavano alla fine.
Altra cosa davvero insopportabile e inutile è stata la presenza della visita a sorpresa, con una bambina, del padre di Paolo (Andrea Mingardi) ad uso e consumo esclusivo per fargli cantare due canzoni natalizie durante il delirio della festa con parto annesso... e ovviamente pure la bimbetta/sorella ha cantato una canzone... ed è stato davvero il colpo di grazia: odio sentire cantare i bimbi le canzoni come i grandi.
Riassumendo: tutte scenette improbabili e scollegate tra di loro, troppi primi piani di faccette e smorfie dei vari protagonisti che cercavano così di sopperire alla recitazione imbarazzante (facendo più danno che altro), morale finale rabberciata (non mi viene altro termine) e completa mancanza dei tempi comici.
Ma la cosa che davvero mi ha demoralizzato è stata vedere Anna Bonaiuto, nella parte della suocera, recitare davvero malissimo, mai avrei voluta vederla in una parte così brutta, ho dovuto faticare non poco per abituarmi a vederla in scena... peccato.
Non mi piacciono questi generi di film, l'unico motivo per cui sono andata a vederlo è per via di un fioretto, o meglio di una potente magia, che ho fatto l'anno passato: vedere un cinepanettone il giorno di Natale per salvare la vita alla mia amata gatta. La magia ha funzionato, la mia gatta sta benone, meglio di me, quindi anche l'anno prossimo andrò al cinema per vedere questo genere di film, che comunque vedo zoppicare non poco tra i gusti delle persone, sarà per colpa della crisi ma le risate in sala erano davvero poche e poco convinte, io sono stata zitta tutto il tempo, tranne per un sorriso quando Diego Abatantuomo è stato trascinato quasi morto (e creduto morto dai più) all'ingresso del castello... ecco, spero che questo non mi stia modificando dentro.
Ultima cosa, il regista Alessandro Genovesi si è ritagliato per lui una piccola parte come cadevere all'interno del negozio delle pompe funebri: finezza.
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