Regia di Nicolas Winding Refn vedi scheda film
Nicolas Winding Refn riduce la sceneggiatura all'osso e pone i dialoghi ed i personaggi in secondo piano, concentrandosi piuttosto sulla raffinatezza dello stile, attraverso un superlativo uso della luce e del colore e la ricchezza espressiva di una fotografia eccezionale.
Nella pellicola che ha visto il ritorno di Nicolas Winding Refn dietro la macchina da presa dopo il trionfo di Drive, Ryan Gosling dà corpo (e ben poca voce) a Julian, silenzioso ed ombroso americano immerso nel sottobosco criminale del traffico della droga a Bangkok, sotto la copertura di una palestra di thai boxe.
Kristin Scott Thomas è sua madre Crystal, autoritaria e sboccata virago, che piomba in Thailandia in seguito all'omicidio dell'altro figlio, lo psicopatico Billy. Non è idilliaco il rapporto tra Julian e l'eccessiva matriarca, che non nasconde di aver sempre preferito Billy e non si fa scrupolo di umiliare pubblicamente il figlio sopravvissuto, che però abbozza con laconica sopportazione. Spinta dal desiderio di vendetta, la donna scatena una rovinosa guerra con l'implacabile ex poliziotto thailandese Chang detto “l'Angelo della Vendetta” (interpretato da Vithaya Pansringarm).
Guardandosi bene dal lisciare il pelo al grande pubblico, Winding Refn riduce volutamente la sceneggiatura all'osso e pone i dialoghi in secondo piano rispetto alla colonna sonora di Cliff Martinez. Con Only God Forgives il regista danese realizza quello che è soprattutto uno scintillante esercizio di stile, attraverso un superlativo uso della luce e del colore (dominanti il rosso-sangue ed il suo opposto il verde), con una fotografia eccezionale di Larry Smith ad illuminare sequenze oniriche splendidamente costruite che si alternano a scene di brutale violenza (insostenibile la scena di tortura).
Le interpretazioni degli attori sono intenzionalmente monocordi, con Ryan Gosling maschera inamovibile di impassibile bellezza, ma è Kristin Scott Thomas a spiccare, scioccando il pubblico con la riuscita metamorfosi in un “mostro” totalmente opposto alla romantica protagonista de “Il paziente inglese” per cui viene dai più ricordata (Julian: “Ha stuprato e ucciso una sedicenne “ . Crystal: “Avrà avuto le sue buone ragioni”).
Il film ha ricevuto aspre critiche fin dalla sua presentazione al Festival di Canne 2013, ed e' vero che la sceneggiatura del film è troppo scarna, fino a risultare sbrigativa e che i personaggi non mostrano alcuna percettibile evoluzione nel corso della storia e rimangono abbozzi unidimensionali. Tuttavia la perizia stilistica e la maestria visuale dimostrate da Refn sono più che abbastanza per tenere lo spettatore incollato allo schermo, lasciandolo più vole a bocca aperta di fronte a tanta ricchezza espressiva.
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