Regia di Nicolas Winding Refn vedi scheda film
Refn ripercorre il tema della vendetta, tra sangue e violenza, e della redenzione... perché se qualcuno perdona, quello è solo Dio! Film che non è certo da bocciare, ma da considerare per la sua forza simbolica.
“Chi si aspetta un film di facile visione che eviti pure il mio cinema. O con me o contro di me.” – Nicolas Winding Refn
Refn gira in Thailandia, ripercorrendo sia il tema della vendetta che della redenzione... perché se qualcuno perdona, quello è solo Dio!
Certo non raggiunge capolavori “asiatici” del genere come Old Boy (2003), Confession (2010), I Saw The Devil (2010), ma non credo puntasse a questo.
«L'idea originale del film era raccontare la storia di un uomo in lotta contro Dio. L'idea di avere un personaggio in lotta contro Dio senza sapere il perché mi ha subito conquistato. A partire da qui, ho aggiunto un personaggio che crede di essere Dio (Chang), l'antagonista; il protagonista invece è diventato un gangster alla ricerca di una religione in cui credere (Julian).» – Nicolas Winding Refn.
Solo dio perdona… tra sangue, violenza e vendetta non è certo da bocciare, ma da riconsiderare per la sua forza simbolica.
Le mani e le braccia per tutto il film ricoprono un ruolo fondamentale, nei pensieri, nelle visioni e nelle “fantasie” sessuali di Julian. Allegoria alla fase fallica di Freud che si ripropone poi quando il suo braccio penetra nel ventre della madre morta fino ad arrivare all'utero che lo ha partorito, forse per ripartire da zero, per l'impossibilità di farvi ritorno o per l'impotenza di non essere riuscito a proteggere la propria madre portano Julian, sempre in lotta con i suoi demoni e in cerca redenzione a protendere le braccia per farsele amputare da Chang, angelo della Morte e della Vendetta, che rappresenta forse “Dio”, colui che può decidere sulla vita e sulla morte degli uomini.
« Togli a un uomo le mani e gli porti via tutto, come se lo privassi del suo istinto » – Nicolas Winding Refn.
Il finale in cui Chang taglia le mani a Julian, seppur difficile da interpretare secondo me è una visione (come quelle precedenti). In realtà lui ha l’occasione di ricominciare, risparmiato dall’amputazione fisica ma comunque “perdonato” dopo aver risparmiato la bambina.
La poca recitazione sia vocale che espressiva, le inquadrature lente che sembrano fermi immagine, la colonna sonora risicata a qualche musica di Cliff Martinez (in Drive punto di forza), non riescono comunque a condannare questo film, ennesima prova tangente della visionarietà di questo regista danese.
Consigliato? Si, al contrario se ci si aspetta un altro "Drive".
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