Regia di Giorgio Diritti vedi scheda film
Laudate Hominem.
Dopo il rigoroso e sorprendente (mi sento di affermare che per una volta l’aggettivo in questione non viene in questo caso abusato) esordio de “il Vento Fa il Suo Giro” e la prova dell’opera seconda superata e risolta con classico fervore dal potente “l’Uomo che Verrà”, Giorgio Diritti (che sceneggia da un suo soggetto con Tania Pedroni e Fredo Valla e si avvale della collaborazione di Roberto Cimatti per la fotografia, di Esmeralda Calabria per il montaggio e di Marco Biscarini e Daniele Furlati per le musiche, mentre alla produzione ci sono Lionello Cerri e Valerio De Paolis), prima della “rinascita” con “Volevo Nascondermi”, compie un equilibrato “passo falso” con questo sghembo e a tratti magnifico (para-anti-semi krakauer-malickiano) “Un Giorno Devi Andare”.
Grazie ai tuoi occhi, che hanno osservato e si sono emozionati a vedere le cose del mondo.
Grazie alle tue braccia, che hanno lavorato e hanno alzato con la fatica.
Grazie alle tue mani, che hanno cucinato e hanno accarezzato.
Grazie alla tua mente, che ha pensato a come vivere giorno per giorno.
Grazie alle tue gambe, che ti hanno portato a conoscere nuove persone, e a stare loro vicina.
Grazie ai tuoi piedi, che ti hanno sorretta, anche quando la stanchezza era tanta.
Grazie al tuo sesso, che ha dato piacere e gioia, e al tuo ventre, che ha donato la vita.
Grazie al tuo cuore, e alla tua anima, che hanno saputo amare, ed essere amati.
In un mondo infestato dalla Chiesa e dai suoi spacciatori di fede e perline che preferiscono il grano dei rosari a quello per il pane (incapace di comprendere al volo la necessità del “Per forza un uovo oggi piuttosto che una gallina domani” degli indigeni), Augusta [ossimorico, ma non troppo, nomen omen, incarnato da una Jasmine Trinca meravigliosamente (im)perfetta, mentre il resto del cast è composto da Amanda Fonseca Galvao, Pia Engleberth, Anne Alvaro, Sonia Gessner, Manuela Mendonça Marinho, etc...] prosegue, itinerante, il proprio cammino (borghese, à la "Europa '51", ma non auto-martire, e financo "generosamente egoista" per quanto concerne tutta l'acuta e precisa parte ambientata nella favela a Manaus), prima declamandone l’incedere, e poi fermandosi - nell’acquazzone in pieno sole di un cuore di tenebra equatoriale - ad attendere l’adeo prossimo, liminalmente filiale, dimentica di Dio: laudate hominem.
* * * ¾ - 7½
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