Regia di Cristian Mungiu vedi scheda film
“Oltre le colline” è la pura, e gradita, conferma del talento di Christian Mungiu, autore (dopo questo film si può definire tale) rumeno che con “4 mesi, 3 settimane, 2 giorni” si era fatto conoscere e non mi riferisco tanto alla nuova affermazione cannense (già rimane comunque il fatto che vedere premiati due film consecutivi è cosa per pochi eletti), quanto al coraggio di raccontare, e con personalità, storie che nascono da esigenze fortissime.
Voichita (Cosmina Stratan) e Alina (Cristina Flutur) hanno condiviso i primi anni della loro vita, poi sono state divise dal destino; ma non si sono perse, la lontananza è pesante, tanto che Alina decide di fare ritorno nella sua terra per portare via con se l’amica che vive in un monastero.
Ma quanto le lega è inaccettabile per la comunità del monastero che ricorre ad ogni metodo per fermarle.
Difficilmente il rigore e l’estremismo (o anche la solo siderale distanza) delle idee hanno trovato una sintesi così efficace, tra un amore potente e le regole rigide che vorrebbero annientarlo non riconoscendolo come giusto.
Tutto ha origine da un fatto realmente accaduto (sigh) e la cadenza prolungata diviene una cronaca che si sente sulla pelle.
Non si tratta certo di un incedere incalzante di avvenimenti, ma il nucleo diviene precocemente chiaro, tanto da riuscire ad ipnotizzare, inquieta perché diventa difficile non sentirsi partecipi e la provocazione è chiara, tanto dal risultare sconvolgente.
C’è tanto rigore, ma anche tanta vitalità, due aspetti distanti che raramente trovano sviluppo in un’opera ed ancora di meno accade con costrutto, ma in questa circostanza c’è una direzione con le idee chiare e mentre lo spettatore aspetta (ed in qualche modo, tifa) il percorso per il regista appare già consolidato.
Fotografa un mondo a parte (e ce ne sono tanti, anche vicino a noi) e quando questo entra a contatto con le regole di civiltà, ecco il finale, secco, preciso, che non ha bisogno di tante spiegazioni, basta davvero un attimo.
Ancora una volta Christian Mungiu si concentra su due figure femminili, sugli ostacoli che incontrano, e fa in modo che siano gli stessi fatti a delineare il tutto e ciò rende tutto ancora più glaciale, arrivano i titoli di coda e noi siamo lì attoniti, quasi paralizzati.
Un cinema che arriva da lontano, ma ci parla da vicino e a parte l’argomento in se, comunque assai coraggioso, vuole aprirci lo sguardo un po’ come un tergi cristallo quando siamo in auto e fuori piove.
Importante.
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